Is Tropical – I’m leaving

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Il fatto che due anni fa mi sia già imbattuta negli Is Tropical e li abbia stroncati, non c’entra assolutamente con il fatto che questo disco è l’aborto di un aborto frutto dell’unione di una palma di peluche con una compilation di Gabry Ponte, di quelle che si vendono dai giornalai. E questa non vuole essere un’offesa: il trio londinese si è tolto la maschera (letteralmente, non girano più imbavagliati) e risplende in tutta la sua futilità esistenziale. Questo secondo album, prodotto da Luke Smith (Foals, Depeche Mode), è talmente orecchiabile e prevedibile che ti si pianta in testa e neanche te ne accorgi. Domani gli Is Tropical si candideranno nel tuo comune e non te ne accorgerai. Dopodomani ti vieteranno di annoiarti e non te ne accorgerai. Sarà Ibiza sempre e in ogni luogo e apparentemente sarà molto figo, “I’m leaving” riecheggerà anche alla motorizzazione fino a che un Adorno redivivo prenderà tutti a pizze in faccia.

Ovviamente tutto questo non ha senso, ma avrebbe senso fare una recensione seria di un disco del genere? Ci si può provare, dal momento che in effetti due o tre pezzi carini ci sono: la disimpegnata esoticità di ‘Lilith e gli adombramenti retorici di ‘Video sono apprezzabili esempi di quel filone indie-pop-disco che la Kitsunè ha imparato a spingere tanto bene da svuotarlo.

Come si fa a recensire seriamente le fuoriuscite nervine di una band che si vanta di stracciare i tabù che invece contribuisce a reiterare? Non in termini musicali, sia chiaro: lì la tradizione regna sovrana. Sarebbe molto più interessante parlare dei video che accompagnano i singoli: grazie allo zampino del videomaker francese Megaforce, già per The Greeks (singolo del primo disco, “Native to”) si raggiunse la viralità che ora sfiora anche ‘Dancing anymore, in cui la canzone (primo singolo estratto, di per sé anche convincente, ma nel contesto trascurabile) è completamente sovrastata dalle immagini. L’espulsione da Youtube (toccata anche al più recente video di ‘Lover’s cave) ha creato un’aura di trasgressività intorno alla band, quando in realtà il tutto non turberebbe neanche un babbione di 12 anni con un minimo di “immaginario Mediaset” sul groppone.

Insomma, sangue&tette&culi completano il quadretto del tipico gruppetto wannabe sfascione che in realtà è molto conservatore, seppur con molto stile. E quindi l’obiettivo degli Is Tropical è raggiunto, e intanto Adorno rimane morto.

[schema type=”review” rev_name=”Is Tropical – I’m leaving” author=”Sara Manini” user_review=”2″ min_review=”1″ max_review=”5″ ]