ATTITUDINE E VISUAL: il buon Wesley Eisold, aka Cold Cave, ha fatto tappa nei meandri della Prenestina per evangelizzare l’ampia platea di estimatori con il suo nichilismo un po’ synth-pop, un po’ ebm. In un Traffic per metà occupato da bancarelle, ha saputo in ogni caso catalizzare l’attenzione su di sé riempendo il palco con un carisma derivato dal suo passato hardcore. Al suo fianco, solo una giovane smanettatrice di sintetizzatori: ci si poteva aspettare qualcun altro che rendesse la scena un po’ più “suonata”? Forse, ma il risultato è stato comunque eccellente. Ad aprire, i Russian Rose, duo romano appropriato ma non troppo incisivo, che comunque ha saputo conquistare la simpatia di molti regalando il proprio disco.
AUDIO: inaspettatamente apprezzabile.
SETLIST: Eisold ha deciso di proporre una scaletta più pop (e a tratti un po’ tamarra) che dark, eccezion fatta per la presenza di ‘A little death to laugh’ e ‘People are poison’. Sono mancate ‘Young prisoner dreams of romance’ e ‘Catacombs’, ma ‘Confetti’ ha comunque rappresentato efficacemente Cherish The Light Years, in tutto e per tutto un gran disco.
MOMENTO MIGLIORE: sull’attacco immediato di ‘A little death to laugh’ è partito addirittura del pogo, e da sempre questo è un segnale di forte coinvolgimento del pubblico (o di sete di violenza, a seconda dei casi).
PUBBLICO: tanta gente, apparentemente devota: pochissimi quelli che potevano essere capitati lì per caso.
LOCURA: potevo esimermi dal citare la levata di saluti romani sotto al palco? Potevo eccome, ma tanto vale prenderli come demenza da alcohol (e chissà cos’altro).
CONCLUSIONI: Cold Cave è riuscito nell’arduo compito di trasformare una serata umidiccia e infestata da sponsor di bevande improbabili in una grande serata, esprimendo tutto il suo entusiasmo decadente senza sembrare ossimorico. Gli si vuole bene.