Breton @ Lanificio 159 [Roma, 13/02/2014]

ATTITUDINE E VISUAL: contrariamente a quanto può sembrare, in via di Pietralata (sede del Lanificio) c’è vita, e in modo particolare ce n’è stata in occasione di questo concerto: il quintetto londinese dal vivo risulta molto più pimpante che su disco, e la loro unicità è confermata da ogni minimo dettaglio. La socievolezza dei Breton, il loro approccio multimediale alla creazione artistica e il polistrumentismo diffuso fanno sperare in un mondo migliore: sono cinque ragazzi che non sfigurerebbero in un Tuodì qualsiasi, ma la dedizione con cui nobilitano la loro Londra suburbana (rivestendola di un’estetica impensabile che emerge anche nella parte visual, eredità del loro passato da registi indipendenti) ha dell’incredibile. Sugli stessi binari si muovono i Did, trio torinese che ha aperto la serata con brani imprevedibilmente articolati tra chitarra, batteria e varie diavolerie sintetizzatrici. Il morbillo del loro fonico e il loro cartello anti-smartphone hanno monopolizzato le conversazioni della serata.

AUDIO: il carattere vagamente coatto della musica dei Breton si è adattato bene all’ambiente del Lanificio, anche grazie al lavoro certosino del fonico personale della band.

5965

SETLIST: 16 brani e non sentirli. I Breton hanno suonato a lungo (relativamente alla durata dei concerti al giorno d’oggi), ma non ci si è appesantiti grazie ad una scaletta studiata tra atmosfere prettamente danzerecce e altre più riflessive. Freschi di secondo album (War Room Stories, uscito il 3 febbraio), hanno privilegiato i brani di quest’ultimo (con ‘Got well soon’ in positio princeps), ma Other People’s Problems ha presenziato con le eccellenti ‘Edward the confessor’, ‘Governing correctly’e ‘Jostle’. È spuntata fuori anche una cover movimentata di un pezzo di Tom Vek, ‘I ain’t saying my goodbyes’, mentre l’encore è partita con la commovente ‘S4’ per poi chiudere con ‘December’, pezzo preso dall’ep Counter Balance, quindi non proprio scontatissimo.

MOMENTO MIGLIORE: ‘S4’ è probabilmente il pezzo migliore di War Room Stories, e il trasporto con cui è stato suonato (e acclamato dalle prime file) toglie ogni dubbio.

PUBBLICO: con rammarico, va detto che il Lanificio era pieno a metà. E forse quelli veramente interessati a cosa succedeva sul palco erano la metà della metà. Il resto era composto dai soliti capitati lì per caso (che ovviamente dovevano raccontarsi mille cose proprio in quel momento e con starnazzamenti intollerabili) e da fenomeni di hipsterismo piuttosto inquietanti (che poi cosa faranno durante il giorno, nella vita reale, non si sa).

Breton-Live-620x403

LOCURA: a Roman Rappak, voce dei Breton, stanno simpatici i romani.

CONCLUSIONI: era un appuntamento da non perdere, e molti se lo sono perso. Ma la penuria di presenti non ha inficiato la capacità dei Breton di fare molto con (apparentemente) poco, e se questa non è modernità…