Belle and Sebastian – Girls in Peacetime Want to Dance

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I Belle And Sebastian sono alle prese con qualcosa di nuovo, un modo compositivo per loro sicuramente innovativo, e da una nostra prospettiva molto più coinvolgente. Alla base di questo cambiamento c’è Allie, una ragazza immaginaria, alla quale Stuart Murdoch dice di aver pensato nello scrivere i testi per Girls in Peacetime Want to Dance. È lei quindi la figura centrale: la donna spaventata che si abbandona alla luminosa pista da ballo. E se ci si pensa, le svolte “dance” in questi ultimi anni sono aumentate drasticamente: ricordate quella degli Arcade Fire ? – condotta magistralmente -, o del “New Feminist (Dance) Movement” come lo chiama Pitchfork, quello delle varie Lorde, Grimes e FKA Twigs. Questo Murdoch al femminile, quindi, sembrerebbe rientrare coerentemente nella nuova vita contemporanea degli anni ’90. Da quando Isobell Campbell è uscita dalla formazione del gruppo originario di Glasgow, nel 2002, sono cambiate molte cose. Quello è stato un anno di completo – vuoi anche forzato – rinnovamento. Ad ogni modo, in pochi si sarebbero potuti aspettare un disco come questo. Un disco combattuto, indeciso, che sembra avere poca dimestichezza con il genere con il quale va giocando lungo una tracklist di dodici pezzi.

Come già risulta evidente dal titolo, il nuovo motto sembrerebbe essere “Let’s Dance”: come diceva nell’81 l’alieno britannico, e come reinterpretava poi M. Ward in una sua bellissima cover. Quindi musica danzereccia per animi spensierati in tempo di guerra, che ricorda quel verso dei Baustelle: “si rideva e si ballava solo per la mietitura”.

Ma i Belle and Sebastian, per quanto anch’essi alieni in questo mondo musicale, sono davvero in grado di maneggiare materiale dance, senza che il risultato ne esca fuori eccessivamente lezioso, di facile ascolto e altrettanto facile dimenticanza?

A tratti si ritrovano i Magnetic Fields degli ultimi anni, anche loro anime danzerecce e moderne – si pensi a canzoni come “Quick!” o “Long-Forgotten Fairytale” Ndr -, mentre nel miglior momento di tutto il disco, prende il sopravvento una certa verve a là Velvet Underground, o meglio tra Lou Reed di Berlin e i primi Belle and Sebastian: Ever had a little faith?

Play for today, Enter Sylvia Plath, The party line sembrano becere hit anni ’90 appena sfornate per il dance floor. Eppure funzionano, non benissimo, ma dietro ci si ritrova un’idea, un progetto affascinante. Per quanto ad esempio le intro delle appena citate Enter Sylvia Plath o The party line siano incredibilmente fastidiose ad un primo ascolto – personalmente pensavo fosse partita una qualche pubblicità su exclaim.ca, dove stavo ascoltando il disco – poi invece si apprezzano soprattutto per come riescano a risolversi in movimenti abbastanza ricercati, per quanto leggeri.

Il lato dance sembra essere pronto per essere ben sviluppato: qui è ancora in una forma leggermente ibrida, dove i momenti migliori rimangono quelli estranei alla cassa dritta e ai synth più pervasivi. Quindi un disco riuscito a metà, ma come si dice, sembrerebbe proprio il caso di vedere il bicchiere mezzo pieno, anche se con tutti questi bassi rischia seriamente di cadere dal tavolo. [schema type=”review” name=”Belle and Sebastian – Girls in Peacetime Want to Dance” author=”Giorgio Papitto” user_review=”3″ min_review=”1″ max_review=”5″ ]