Boxed In – Boxed In

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La sindrome di Stendhal ha giocato un ruolo fondamentale nella crescita del progetto Boxed In. Oli Bayston solo in una stanza, sfoglia libri d’arte e si sofferma sulla pagina dedicata a Francis Bacon. Ne rimane colpito. In particolare la sua attenzione viene rapita dall’opera intitolata “Capo IV“. La didascalia a firma Gilles Deleuze fa il resto:

L’operazione attraverso la quale tutto il corpo fuoriesce dalla bocca

E’ una folgorazione. Nasce così un progetto che inizialmente consisteva in una decina di tracce elettroniche, poi trasformate in acustico mediante l’utilizzo di una strumentazione fisica. Con lui, partecipa al processo l’amico produttore Dan Carey, con la precisa intenzione di far muovere il fisico e lavorare il cuore. Boxed In si manifesta come alternativa al vuoto lasciato dalla dipartita del progetto LCD Soundsystem targato James Murphy, ed in parte riesce nell’intento. Tutto si muove fra Manchester e Londra, forte di una passione da parte del nostro per l’Acid House Detroitiana e di Chicago – Non ci si stupisca dunque per l’ossessione di Oli nei confronti di Theo Parrish Ndr -: tutto implementato da quelle ritmiche Kraute in seno a band cardine come Neu!.

Ma il disco non è solo questo. Immaginate veri e propri ponti panoramici di piano, intersecati con dinamicità da un basso tagliente, elettronica minimale e sensibilità Lo-fi “Subtle Knife”. Immaginate come possano interagire in tutto questo, richiami di chiaro riferimento Post-Punk a tinte teutoniche “False Allarm“. Poi c’è la rielaborazione di “All Your Love Is Gone” già edita nel singolo uscito a fine 2013, un certo mood da club britannico, e caleidoscopi synth che schizzano vivaci proprio quando credi che la festa sia finita.
Fossimo nei ’90 andrebbe in prima pagina, oggi è materiale per golosi.

[schema type=”review” name=”Boxed In – Boxed In” author=”Alessandro Rossi” user_review=”4″ min_review=”1″ max_review=”5″ ]