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19 Gennaio 2015 | memphis-industries |
Il progetto Menace Beach nasce in principio, e forse lo è anche tutt’ora, come un incontro fra amici: uscite, bevute, ascoltare e fare musica. Un dolce idillio che cresce nel 2012 dalla volontà di Liza Violet e Ryan Needham, poi espansosi in una girandola di collaborazioni che hanno visto transitare anche membri di Hookworms, Sky Larkin e Pulled A Part By Horses.
Leeds come punto focale d’ispirazione, e tutti sappiamo quanto la città Britannica abbia da offrire in fatto di stimoli artistici. Gente che non si prende troppo sul serio questi Menace Beach, ma che traspira sensibilità artistica e personale da tutti i pori. Siamo dalle parti del trittico: Slowdive, My Bloody Valentine, Pavement, ma sia chiaro fin da subito, il lavoro di ricalco non sta da queste parti. Del resto, l’approccio disinibito verso certe sonorità cardine dei Nineties sembra prendere sempre maggior piede nella scena odierna; vogliamo parlare di Nu-Grunge? direi di no. Piuttosto, la rinascita di certi stilemi Indie-fuzz ’90, ci da la possibilità di assistere a queste nuove graffianti interpretazioni a tinte pastellate.
Quello che colpisce in positivo della band Inglese rimane l’effetto straniante d’insieme, nonostante la dolcezza che permea apparentemente le tracce: distorsioni ed effettistica a servizio emozionale. Il discorso viene dipanato attraverso un vademecum costellato di malattia-pop, figlio di ansie, insicurezze e malcelata ricerca dell’autostima “Blue Eye“. “Sprightly 33 minutes” la loro definizione del tutto, o meglio quello che ci vogliono fare credere, perché nonostante le tinte pop, la sofferenza rimane tangibile. Liza lo sa benissimo, e non ha fatto nulla per nasconderlo.
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