Arriva il 23 marzo ‘Claustrophobia‘, il nuovo album di Scuba, talentuoso producer inglese di musica elettronica, da anni residente a Berlino.
La biografia di Paul Rose, questo il suo nome, racconta una storia in costante cambiamento: nel corso degli ultimi undici anni, le sue produzioni hanno ridisegnato i confini della bass music, della techno e della house, alcune volte rendendoli più dark, altre più luminosi e solenni, avvalorando in fondo una sua inquietudine creativa: dai ritmi oscuri di ‘A Mutual Antipathy‘ (2008) e ‘Triangulation‘ (2010), sino alle impennate melodiche di ‘Personality‘ (2012) ed il fondamentale ep “Adrenalin” (2011).
Questo nuovo disco, distribuito in Italia da Audioglobe, rappresenta il culmine di tutte quelle esperienze, ha una tensione emotiva ripiegata su sé stessa ma è anche ricco e dinamico, si muove agilmente attraverso un panorama di stati d’animo e stili musicali: ritmi che si espandono e si contraggono da un brano all’altro, trame di paesaggi musicali che lasciano il posto a scintillanti armonie melodiche, tracce di field recordings che producono sketch ambientali.
Moderno e sobrio in tutto, ma anche pervaso dall’energia esilarante di un rave, ‘Claustrophobia’ arriva in un momento cruciale per la carriera di Scuba: negli ultimi anni si è esibito in innumerevoli festival e club in tutto il mondo, mentre la sua Hotflush Recordings è cresciuta molto rapidamente, con una decina di release all’anno ed un roster di artisti come Joy Orbison, Mount Kimbie e Paul Woolford.
Le prime registrazioni dell’album risalgono alla scorsa estate, mentre il producer inglese si stava preparando per il Labyrinth, il festival di musica techno organizzato tra le montagne del Niigata in Giappone. In quel pomeriggio autunnale poi, nelle quattro ore di set guidate dal potentissimo soundsystem Funktion One, Rose passava in rassegna l’intero spettro sonoro del suo stile, ispirato dalla scena della Rhythm & Sound (Mark Ernestus, Moritz Von Oswald) e alla techno più integralista.
Terminate nei mesi successivi al Labyrinth, le tracce del nuovo disco mostrano la stessa audacia di quella performance giapponese. Occasionali groove in 4/4, ritmi angolari, a volte sottili (“Drift”, “All I Think About Is Death”) a volte monolitici (“Television”, “Needle Phobia”). Alcuni brani, come “Levitation” e “Transience,” sono sostanzialmente senza un beat ma non sono interludi, hanno tanta profondità come altre tracce dell’album (“PCP”, “Why You Feel So Low”, “Black On Black”).
Elegante, versatile e foneticamente lussureggiante, Claustrophobia è inconfondibilmente il disco più coinvolgente di Scuba, quello che segna più di ogni altro il suo trademark sonoro, e sarà presentato dal vivo ad aprile, al Goa di Roma (2) e al Dude Club di Milano (3).
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