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27 gennaio 2015 | Warner | ![]() |
“Il vizio di un proiezionista blocca
Il primo piano di Anna Karina
affinché la bocca della verità
ripeta: “L’amour c’est ca, l’amour c’est ca”
da “Film Stars” di Valentino Zeichen, tratta da “Pagine di Gloria”
Prendendo spunto dai versi di Zeichen, mi fingo il proiezionista di un cinema passato, ove risuonano le dolci note di “Marie”, primo E.P da solista di Rachele Bastreghi, già diva canora dei “Baustelle”, in coabitazione col baritono di Francesco Bianconi. Adesso il primo piano è su di Lei. Un primo piano stretto, che cela mille ombre. La ragazza che faceva “sesso col revolver”, dopo un cammeo nella fiction Rai “Questo grande amore ‘70”, che l’ha vista apparire nelle vesti di Marie De Crecy, intepretando il brano “Mon petit ami du passé”, presente nell’E.P, sembra aver trovato, almeno per il momento, il proprio alter-ego ideale. E fu così che Marie, dal piccolo schermo, passò alla sala d’incisione.
Sotto le raffiche del proiettore, lo schermo riflette l’ormai celebre copertina di “Amen”: l’occhio in dettaglio di Rachele. L’occhio che uccide. Creando un ponte fra la fiction, peraltro bruttina, e lo stile cantautoriale che da sempre contraddistingue la nostra chanteuse, quest’opera riesce ad evocare, meglio di una tavola ouija, lo spirito degli anni ’70 e della Francia Audiovisiva. Fra echi di Nouvelle Vague ed arrangiamenti retrò – non esenti da fiammate prog, a testimoniare gli albori musicali del decennio di piombo -, intervengono spendidamente aggiornate, due cover: “Cominciava così” degli Equipe 84, e “All’inferno insieme a te” di Patty Pravo, a sua volta cover di “Detachez-moi le bras” di Claude Puterflam.
In un battere tetro di bassi funerei, dell’amore di ieri sospira il ricordo – “Il ritorno”. Eppure il passato, nella bolla di una goccia di Dior, sembra il motivetto di un eterno carillon. Un souvenir de Paris, con Jane Birkin che danza nel loop: “Je t’aime moi non plus”. Questo è “Marie”. Un disco di rara piacevolezza che brama, ammantato da un’esile patina moderna, stagioni irripetibili. Spengo il proiettore. Esco dal cinema, almeno credo, ed in malinconico stato di grazia, mi perdo nella città eterna.