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4 aprile 2015 | Santeria |
Se tu sapessi quante meravigliose storie porto con me… forse all’inferno.
(Emanuel Carnevali – lettera a Carl Sandburg, Chicago)
Oggi siamo partiti
Nessuno ci ha chiesto dove saremmo andati
Perché quaggiù
quaggiù nessuno immagina chi siamo
(Massimo Volume, La città morta)
Ho un chiaro ricordo della prima volta che vidi Emidio Clementi, anzi, della prima volta che sentii la voce di Emidio Clementi. La sua voce arrivava dal palco del TPO di Bologna, io stavo frequentando il primo anno dell’università; lui era ed è i Massimo Volume. Siamo a metà degli anni Novanta e i Massimo Volume erano davvero alternativi: suonavano narrando o narravano suonando. Tra i loro colleghi del rock post-rock, a quei tempi, così, in quel modo lì, non lo faceva nessuno. La prima volta che mi arrivò dritta la voce di Emidio Clementi fu declamando questo verso: “e c’è forza nelle tue parole”, e poi qualcosa sul fatto di voler essere come un uragano.
Non ricordo come ho trovato la cassetta del disco dove c’è quel pezzo: “Il Primo Dio”. Quello dedicato a Emanuel Carnevali, poeta “morto di fame nelle cucine d’America” che da tanti anni accompagna Emidio Clementi come una specie di alter-ego. Emanuel Carnevali è un ragazzo Italiano che nel 1914, a soli diciassette anni, se ne va da Bologna ed emigra in America. Non sa ancora che il sogno dell’altro continente non reggerà il confronto con la realtà, non sa che sarà destinato a soffrire la miseria e non sa che diventerà un poeta.
Notturno Americano – versione integrale del reading a cura di Emidio Clementi in collaborazione con due Giardini di Mirò (Corrado Nuccini – chitarra e synth, Emanuele Reverberi – violino, tromba, organo) – segna, in un certo senso, la chiusura di un cerchio nel percorso artistico del frontman dei Massimo Volume, attraversato dal fantasma del poeta italoamericano in maniera a tratti quasi ossessiva. Il disco, che esce in questi giorni (per Santeria/Audioglobe), è quindi la conferma assoluta di una reale affinità elettiva che va al di là del tempo e dello spazio e che dura da almeno 20 anni: un omaggio spassionato all’opera di Carnevali, alla sua vita infelice e alla forza delle sue parole.
Emidio voce narrante ed esperto interprete nella formula del reading poetico ha scelto dei brani intensi per consegnarci un ritratto crudele di Carnevali che vive tra New York e Chicago fino al 1922 facendo lavori che probabilmente nessuno di noi farebbe mai, in condizioni pietose. Nelle parole di Carnevali c’è la fragorosa caduta del mito americano e la faticosa sopravvivenza in condizioni di estrema povertà. Per esorcizzare il rischio della follia, Emanuel scrive. La sua scrittura, tesa tra l’annotazione lucida della realtà e il magma dei pensieri e delle emozioni, è un urlo, una resa, una rabbia. “Notturno Americano” si apre e si chiude con due brani tratti da “L’ultimo Dio“, il romanzo di Clementi uscito nel 2004: al centro c’è la penna di Emanuel Carnevali. Menzione speciale per la parte musicale che sostiene la voce narrante e fa da contrappunto al viaggio letterario: una trama sonora che accoglie e sostiene la scrittura e l’interpretazione, una partitura perfettamente curata e studiata nei minimi particolari, che non annoia, che non cerca la scappatoia del facile blues da sottofondo.