Dopo l’uscita dell’ultimo e bellissimo “II” abbiamo deciso di scambiare due battute con Elisa De Munari in arte Elli De Mon. Tante esperienze, qualità e determinazione per la solista Vicentina trapiantata musicalmente nel Mississippi. Buona lettura.
Partiamo dal principio. Da quel diploma al conservatorio, simbolo di una spiccata attitudine verso la materia. Quando ti sei accorta che questa passione avrebbe occupato buona parte della tua vita?
Probabilmente durante l’adolescenza. Credo risalga ad allora il momento in cui ho deciso fermamente che la mia vita sarebbe stata in qualche modo sempre legata alla musica. E allora ho cominciato a studiare veramente, ad entrare nelle cose e andarci fino in fondo, a dare una direzione a quello che stavo facendo.
Poi fu il turno della musica indiana. So che hai avuto veri maestri di genere. Quale fu la scintilla, che ti portò ad amare queste sonorità?
La scintilla sono stati i Beatles e i gruppi psichedelico-freak come The Seeds, The Spirits, The Fugs, conosciuti durante le feste in mezzo i boschi (ride). Poi ho avuto la fortuna di incontrare un grande maestro di sitar che mi ha aperto e fatto conoscere il mondo della musica classica indostana: un universo musicale e culturale immenso, che mi ha dato tanto, soprattutto in termini umani. Grazie a lui sono entrata in contatto anche con i suoi maestri indiani. Una scuola di vita.
Con gli Almandino Quite Deluxe, facevate Garage-Rock, ci parli di questa esperienza?
Esperienza nata e portata avanti durante i miei primi anni bolognesi. E’ stata una parentesi molto divertente e dove sono entrata in contatto con dei personaggioni, che mi hanno lasciato tanto. Era la band che sognavo dai tempi del liceo, dove schitarrare e mandare tutti a cagare. La maschera da wrestler e le tute che usavamo durante il live erano una bomba: nessuno si aspettava che nascoste dietro ad esse ci fossero delle fanciulle!
Altro giro ed altra band. Parlo dei Le-Li (due dischi su Garrincha), band nella quale l’anima Garage incontra il Folk. Diciamo che non ti sei fatta mancare nulla.
L’esperienza pop-folk è nata dal voler sperimentarmi come cantautrice e arrangiatrice. Avevo bisogno di giocare con i suoni mettere in pratica ciò che sapevo sull’orchestrazione. E il pop, inteso in senso ampio, si presta a questo tipo di esigenza: puoi passare dall’arrangiamento etnico-indiano, a quello noir, a quello in stile tango: puoi entrare ed uscire da tanti mondi, senza porti limiti di genere. Aggiungi il fatto poi che avevo il bisogno di imparare a “stare davanti”. Arrivavo da esperienze in cui suonavo sempre dietro: chitarrista mascherata, contrabbassista in un’orchestra classica, bassista funk: non mi ero mai messa in gioco come leader, e quello mi ha aiutato a farlo. Certo era un periodo in cui non stavo bene di cervello e di cuore e si sente nella musica.
A giudicare dalle tue produzioni da solista sembra però che sia una certa anima Blues il tuo punto di riferimento principale. Quanta musica proveniente dal Mississippi gira o ha girato nel tuo lettore negli ultimi anni? E quali sono gli artisti che ascolti più assiduamente?
Tanta musica dal Mississippi e tanta musica anche al di fuori di quest’area. In generale adoro Blind Willie Johnson, Blind Blake, Fred McDowell, Son House, Mississippi John Hurt ma anche chitarristi bianchi come John Fahey e Jack Rose. Questi sono gli ascolti più di genere diciamo, ma se vuoi sapere cosa ascolto di più…boh, è un casino, dipende da come mi sveglio la mattina!
Durante i tuoi live si percepisce chiaramente il perché della scelta solista. Una grinta ed una capacità di tenere il palco invidiabili. Quando hai deciso di poter fare a meno di una band?
Beh grazie! In realtà non è stata una vera e propria decisone: semplicemente facevo fatica a trovare un batterista e ho provato a fare alcune date da sola. La cosa ha funzionato e da lì sono partita.
La Vicenza musicale ultimamente sembra davvero in forma smagliante. Penso ai Mother Island e ad un altro progetto solista, quello di TonyLaMuerte. Come sono i rapporti con le altre band della tua città?
Te ne cito anche altri: Il Buio, Miss Chain and the Broken Heels, Sultan Bathery, Phill Reynolds, Sara Schuster, e la lista potrebbe continuare. Si Vicenza ha delle belle band. E non è grande, di conseguenza ci conosciamo più o meno tutti. E abbiamo tutti su per giù la stessa età, siamo amici, ci si sostiene ai concerti e contemporaneamente ci si trova a bere una birra al bar. Siamo gente alla buona, che suona la sera e la mattina va al lavoro. Niente modaioli o poser insomma. E credo questo traspaia nella musica.
In chiusura, quali sono le prossime date dove poter ascoltare la tua musica?
Girerò il nord Italia in generale, forse qualche toccatina in centro. Poi ho il tour francese e Svizzera. Trovate le mie date sulla mia pagina facebook!
Grazie!