God Damn – Vultures

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Il bello della scena Rock Britannica è che riesce a fagocitare di tutto per poi sputarne la mutazione: qualcosa che contenga il dna della regina e del fish’n’chips. In questo contesto, rimanendo in ambito culinario, ricorderete sicuramente lo splendido “Food” dei grandissimi Zico Chain di Londra. Storie simili di passione Rock a stelle e strisce consumate nella terra d’Albione. Qui però siamo al cospetto di un duo proveniente da Wolverhampton, composto da Thom Edward (chitarra / voce) e Ash Weaver (batteria), autori di una ricetta rubata a qualche nonna di Seattle e poi aggiornata sapientemente.

Ma non fu sempre così. In principio erano in tre e si facevano chiamare “Your Biggest Fanclub“. Altra band e altra storia. A quel tempo si parlava la lingua del sintetizzatore, seguendo le dinamiche dell’Indie Rock più devoto alla Wave, aprendo concerti per artisti come La Roux. Oggi invece sono i volti di una band che come ragione sociale possiede un’imprecazione. Si, qualcosa è cambiato.

Vultures è il loro debutto, e dentro ci troverete di tutto. Dall’Hard Rock dei Seventies all’Hardcore, dal Trash Metal alle derive Stoner, ma soprattutto tanto Grunge. Una bordata sul muso capace di compattare Slayer (When the Wind Blows) e Smashing Pumpkins degli esordi (Silver Spooned), Jesus Lizard e Mudhoney (Maladie Melodie), echi Alt-Metal a là Manson (Shoeprints) e sporcizia riconducibile agli Alice In Chains – “We Don’t Like You”. Una miscela tanto brutale quanto liberatoria, che affronta tematiche legate a doppio filo con le peggiori nevrosi insite nel nostro contesto sociale. Produce Xavier Stephenson per One Little Indian, fatelo vostro.