L’Eurovision Song Contest è un festival complesso quanto sicuramente sottovalutato e ancora abbastanza sconosciuto in Italia, soprattutto per quanto riguarda l’ambiente mainstream musicale. In verità la sua tradizione è lunghissima – nasce nel 1956 – ed è stato organizzato per la prima volta dall’Unione Europea di Radiodiffusione. Forse è anche per questo che la sua cassa di risonanza è ancora ombrosa alle nostre orecchie, mentre, per le stesse identiche ragioni, è ultra-amplificata negli stati del nord, est Europa o in Inghilterra dove c’è, senza neanche spiegarlo in questa sede, tutta un’altra cultura dell’ascolto che comprende anche il mondo radiofonico. Mi piacerebbe esporre sommariamente le regole e le caratteristiche: capirlo è stato facile come trattenere i rutti alla sagra della birra o fare stage-diving ad un concerto di Bocelli.
L’Eurovision si svolge nella città della nazione vincitrice dell’edizione precedente. Ecco perché mi trovo a Vienna: perché l’anno scorso ha vinto Conchita Wurst. Le nazioni concorrenti si dividono in tre gruppi: i big 5, ossia quelli che si esibiranno esclusivamente nella finale della gara, ovvero le nazioni che contribuiscono di più in termini economici all’Unione Europea di Radiodiffusione e quindi all’Eurovision stesso (Italia, Francia, Germania, Spagna e Inghilterra). A questo gruppo si aggiunge sempre la nazione ospitante, e quest’anno, per la prima volta, anche l’Australia (l’unica nazione extra-Eurovision dove lo share televisivo è esponenzialmente alle stelle rispetto agli altri paesi del mondo). Rimangono 33 nazioni; queste vengono divise in due gruppi, uno da 17 e uno da 16, che riempiranno la Prima Semi-Finale e la Seconda Semi-Finale. La loro appartenenza a un gruppo piuttosto che all’altro è regolata da un sorteggio casuale, ma in linea di massima si tende a fare una specie di bilanciamento nell’estrazione: le nazioni appartenenti al blocco dell’ex-Unione Sovietica (Azerbaijan, Georgia, Armenia, Moldavia, Bielorussia e Ucraina) e quelle dell’ex-Jugoslavia (Slovenia, Croazia, Bosnia, Serbia, Macedonia e Montenegro) sono divise in tre per ogni gruppo di semifinalisti. I concorrenti devono avere almeno 16 anni; i brani devono durare necessariamente 3 minuti (secondo più, secondo meno) e durante le esibizioni non è consentito il playback vocale: se un artista ha bisogno di cori deve portarsi i coristi, tutto il resto della strumentazione è in playback. Non è concesso portare sul palco animali vivi ma è anche vero che, fino ad ora, nessuno ne ha portati morti.
Assistere all’Eurovision, è un’esperienza paragonabile agli MTV Music Awards o gli European Music Awards però come se tutto fosse architettato per degli emeriti sconosciuti. Cioè: ci sta che si accendano migliaia di laser per Kanye West, ci sta che mille fiamme vengano lanciate in cielo per Shakira, è più che tollerabile che un appartamento di piume di struzzo venga messo a disposizione di Madonna ed è normale che facciano volare a dieci metri da terra Beyoncé. Quello che sconvolge di questa enorme macchina da intrattenimento è che tutto ciò è riservato a dei (passatemi il termine) dei poveri signor nessuno. Ma poi, ovviamente non è così: nella maggior parte dei casi ogni artista partecipante è molto giovane ed esce dai vari X-Factor o The Voice locali ma questo non significa che non abbia una capacità musicale per quanto riguarda i parametri di ascolto e di vendite. Altri partecipanti sono dei veri e propri animali da palcoscenico; ok, nessuno sta tentando di paragonarli ai vari Rolling Stones, Motörhead o Queens of the Stone Age ma anche questi, nel loro mondo, riescono ad infoiare gli animi come tanti altri cantanti e non è raro incappare in progetti che abbiano sfornato anche tre prodotti discografici.
Ora ci sono un paio di cose curiose che valgono la pena di essere nominate sullo svolgimento degli spettacoli. Di solito il giorno martedì si svolge la Prima Semi-Finale, il giovedì la Seconda Semi-Finale e il sabato il Gran Finale. I due gruppi semi-finalisti rimarranno con dieci nazioni in gara ciascuno, ma la cosa più curiosa e più sconvolgente è che ogni show viene provato per intero tre volte prima della gara vera e propria, quest’ultima trasmessa in diretta. Significa che il giorno prima di ogni gara si svolgono due show identici a quello che verrà messo in piedi nella diretta: stesse luci, stesse battute, stessi sguardi e movimenti di personaggi e di camera. Questo ovviamente va fatto per diverse ragioni: se qualcosa non funziona (volumi, luci, cavi, collegamenti ecc…) sarà tarato e settato per il “vero” show. Una registrazione viene mantenuta come backup, le altre due prove sono il “dress-rehearsal” durante il quale artisti e conduttori indossano l’abito definitivo, e durante il quale i giornalisti possono assistere nel primo ring (dove sono stato io insomma). Poi c’è il “Family Show” ossia lo stesso spettacolo però in versione pomeridiana. Come un vero e proprio entertaining-show che si rispetti, durante le prove ci sarà spazio sia per il tempo riservato al pubblico, dove sui maxischermi rivolti verso la platea compariranno indicazioni quali: “applausi” oppure “accendete le luci del vostro telefono”. La particolarità di queste prove è che il pubblico può assistere pagando un prezzo di biglietto ridotto: alla fine dei conti, è uno show a tutti gli effetti. Durante la “dress-rehearsal” votano però i giurati di ogni nazione e questo significa almeno il 50% dei voti – anche se in base a dei logaritmi che non mi sono ben chiari, queste votazioni sembrano molto più incidenti. Alla fine di questa ultima prova viene perfino nominato un finto vincitore che deve coincidere con il brano che possiede il palcoscenico con più numerosi e complessi effetti scenografici.
Chi conosce l’Eurovision sa perfettamente di cosa è composto il puzzle visivo-musicale di questo show. La maggior parte degli artisti dell’Est Europa propongono un opinabile electropop spesso con elementi trance, ancora più spesso con strumenti folk. Virando verso il nord-Est si va talvolta incontro a veri e propri brani vocal-trance in stile Armin Van Buuren o Tïesto, però sotto la soglia dei 4 minuti: magico. Stendiamo un velo pietoso sulla nostra beneamata nazione: l’Italia si ostina a mandare ogni anno pezzi cantati in italiano (i brani cantati in lingua madre sembrano godere di cattivo auspicio, ma non è sempre detto).
Qualitativamente parlando, anche per quello che potrebbe riguardare il lettore di Rocklab, i brani più appetibili, in genere provengono dalle nazioni nord-europee, dal Regno Unito e talvolta dalla Lettonia-Estonia-Lituania (quando sono cantati in inglese). Ora però Partiamo.
Prima Semi-Finale
(Moldavia) Eduard Romanyuta – I want your Love
Un pezzo electropop in stile Justin Timberlake con un bel tiro ma una sezione orchestrale forse troppo imponente.
(Armenia) Genealogy – Face the Shadow
Duetto classico e abbastanza noioso paragonabile ai nostri pezzi di Sanremo. Carina la parte centrale quando il resto della strumentazione prende corpo.
(Belgio) Loïc Nottet – Rhythm Inside
Un brano particolarmente incentrato su una prestazione vocale che manca totalmente di appeal.
(Olanda) Trjntje Oosterhuis – Walk Along
Discreto pezzo acustico in stile school movie anni ’90, tipo Can’t Fight the Moonlight delle Ragazze del Coyote Ugly. Però senza ballerine spogliarelliste.
(Finlandia) Pertti Kurikan Nimipäivät – Aina mun pitää
La particolarità di questa traccia di standard punk-rock è che i membri sono tutti affetti dalla sindrome di down, ma il pezzo non sembra nelle corde del festival. In effetti dobbiamo dire che forse, e non si sa bene come mai, in passato solo I Lordi hanno fatto breccia al contest.
(Grecia) Maria-Elena Kyriakou – One Last Breath
Un ultimo respiro per dire che il pezzo è un oscena ombra di un qualsiasi brano di Céline Dion, e anch’ella è abbastanza oscena.
(Estonia) Elina Born & Stig Rästa – Goodbye to Yesterday
Carino approccio pop-rock’n’roll retrò. Carina la voce di lui; altrettanto quella di lei. Qualche dubbio sugli incroci armonici ma fondamentalmente promossi.
(Macedonia) Daniel Kajmakoski – Autumn Leaves
Una noiosetta ballad piano + voce che poi prende la forma di una qualsiasi canzone dei Coldplay; durante il pre-ritornello scattano dei violini zigani che non ci fanno ben capire se era meglio prima che partissero. Tendenzialmente epica.
(Serbia) Bojana Stamenov – Beauty Never Lies
Titolo che ammicca alla stazza della nostra giunonica ma bellissima cantante. Il pezzo è forte, fortissimo, soprattutto dopo il secondo ritornello, dove assistiamo ad un vero e proprio decollo sia vocale sia strumentale (ecco, qui forse tutti quei synth alla David Guetta lo fanno decollare un po’ troppo). Una grande pecca è la durata troppo esigua (ma obbligatoria per partecipare all’Eurovision). Speriamo in una versione allungata nel long-playing.
(Ungheria) Boggie – Wars for Nothing
Una canzone contro la guerra, contro le armi, contro la nostra pazienza di ascolto.
(Bielorussia) Uzari & Maimuna – Time
Voce potente e sguardo ammiccante per il nostro Uzari che puntualmente viene assecondato da una base electro-classic a suon di beat e violino. Incerti sono i palleggi fra sviolinate e assoli vocali, eppure tutto si rincastra perfettamente.
(Russia) Polina Gagarina – A Million Voices
No non l’avete vista in un film con Rocco Siffredi. La nostra Polina è favoritissima all’Eurovision con un brano che intona perfettamente le corde del festival: voce potente, melodica, orecchiabile; pathos, momenti epici, sopra un velo di tamarraggine. Promossa.
(Danimaca) Anti Social Media – The Way You Are
Vabbè dai la Danimarca ha vinto l’anno scorso e quest’anno non potrà ripetersi. Sono una versione super-ripulita e adolescenziale degli Arctic Monkeys, la versione al maschile delle Pipettes.
(Albania) Elhaida Dani – I’m Alive
No, neanche lei era in quel famoso film con Rocco, la sorpresa di questo brano è che durante il ritornello la cantante muta tendenzialmente il proprio timbro vocale rispetto alle strofe. Sorpresa.
(Romania) Voltaj – De la capāt
Trovo come già detto un po’ penalizzati i brani cantati in lingua. Ancora di più quelli dell’est-europa. No, nessuna discriminazione. Semplicemente per una questione di incomprensibilità suprema. Peccato perché questo pezzo in inglese avrebbe preso tutta un’altra piega.
(Georgia) Nina Sublatti – Warrior
Non so se sarà premiata a questo Eurovision ma per lei il palco degli Adult Video Awards sarebbe già pronto. Scherzi a parte, stesso discorso della Russia: canzone perfettamente inquadrabile al festival, catchy al punto giusto.
Esiti della Prima Semi-Finale: La Russia si posiziona in testa, seguita dal Belgio e dall’Estonia. Escono Moldavia, Olanda, Finlandia, Estonia, Macedonia, Bielorussia e Danimarca.
Seconda Semi-Finale
(Lituania) Monika Lynkité & Vaidas Baumila – This Time
Ballad country-folk in stile Carly Rae Jepsen, ma per quanto mi riguarda l’eccessivo duettare, soprattutto di Vaidas, la snatura.
(Irlanda) Molly Sterling – Playing with Numbers
Ballad strappalacrime per piano e voce quella proposta dalla bella irlandese. Forse troppo classica, voce interessante che passa spesso dalla gutturale all’usignolo.
(San Marino) Anita Simoncini & Michele Perniola – Chain of Lights
Sono il duetto più giovane dell’Eurovision e si cimentano con un motivetto electro-classic. Forse la voce fin troppo acerba di Anita penalizza questa canzoncina che profuma (fin troppo) di favoletta.
(Montenegro) Knez – Adio
Lo ribadisco: certi paesi dell’est europa sono fissati col folk e forse questo non gioca a loro favore in una gara come l’Eurovision. Soprattutto se si canta nella propria lingua madre. Ne esce un brano formalmente perfetto come colonna sonora del Signore degli Anelli o Game of Thrones.
(Malta) Amber – Warrior
Una delle mie favorite: voce angelica che si districa in una ballad movimentata, epica e orchestrata, che sboccia in un potente movimento quasi drum’n’bass. Molto pathos, grande crescendo.
(Norvegia) Mørland & Debrah Scarlett – A monster like me
Una delle favorite del festival per un cantante con all’attivo almeno 3 album e una bellissima rossa che strizza l’occhio a Florence + the Machine. Ma il pezzo funziona: duetto + ballad + piano unito a quell’unica caratteristica del tutto nordica di sfornare melodie mozzafiato.
(Portogallo) Leonor Andrade – Há um Mar que nos Spara
Uno di quei pezzi che se fosse cantato in inglese sarebbe da hit. Pop-Rock ben bilanciato e dalle ottime soluzioni vocali. Peccato il cantato in portoghese che cozza pienamente con la cosmogonia del sottoscritto. Lei fra le più belle di tutte.
(Repubblica Ceca) Marta Jandová & Václav Noid Bárta – Hope never Dies
Ennesimo duetto nel quale l’uomo rovina tutto. Un brano super epico e orchestrato che ricorda i migliori Evanescence, o i peggiori.
(Israele) Nadav Guedj – Golden Boy
Se superate per un attimo il sentore di trovarvi dentro un kebabbaro vi accorgerete che questo è uno dei pezzi più cool di questo Eurovision 2015. Ci sarebbero solo da correggere certi gorgheggi che però calzano perfettamente con le melodie folk del pezzo. C’è di tutto: pop, folk (poco e solo come armonie), dubstep. Mi spiace per me stesso: l’ho canticchiata di continuo.
(Lettonia) Aminata – Love Injected
Forse il mio pezzo preferito in assoluto (l’ho anche votato). Un incrocio fra Loreen e Kiesza, un pezzo soft-electro con una base cupa ma levigata fra IDM e darkwave; un esplosione vocale incredibile. Me la immagino già con un remix spettacolare che farà ballare tutti i dancefloor europei. Fondamentalmente la canzone più “indie” e di nicchia del festival.
(Azerbaijan) Elnur Huseynov – Hour of the Wolf
Potente ballad orchestrale che ricorda: Who Wants to Live Forever. Già sentita.
(Islanda) Maria Olafs – Unbroken
Classico brano pop di matrice nord-europea. Soft, ottime melodie, rimandi a Lene Marlin a go go ma con una voce migliore. Già sentita anche questa ? Direi di sì. Catchy ? Direi di sì.
(Svezia) Måns Zelmerlöw – Heroes
Un mezzo plagio a Lovers of the Sun di David Guetta ma fondamentalmente uno dei brani migliori e più efficaci di questo Eurovision. Iper melodica, ti si stampa in mente da subito con il suo crescendo. Måns non è un pivello, corona quest’anno il sesto album e si sente; e tutti lo sentono; ed è super-favorito.
(Svizzera) Mélanie René – Time to Shine
Ottimo brano orchestrato con un tocco di folk e di rock che fanno da tappeto a ottime stratificazioni vocali che sfociano in un valido brano epico. Forse un po’ troppo fantasy ma, cosa usuale, sembra un genere (perfino riconducibile musicalmente) che va in voga agli Eurovision.
(Cipro) John Karayiannis – One Thing I should have done
Una ballad chitarra e voce incalzante come un film di Bergman o di Herzog. Ho detto tutto.
(Slovenia) Maraaya – Here for You
Nascosta dietro un enorme paio di cuffie questa cantante sbarazzina ti fa ballare dalla prima all’ultima nota. Un tono di voce forse irritante ma quanto meno particolare.
(Polonia) – Monika Kuszyńska – In the name of love
Ex cantante degli defunti Varius Manx, debutta da solista dopo un serio incidente che l’ha resa paralizzata. Brano perfettamente nelle corde dell’eurovision: ballad potente alimentata dal pianoforte. Grottesche le scelte di proiettare durante lo spettacolo spezzoni di lei che corre in mezzo ai fan.
Esiti della Seconda-Semifinale: la Svezia si piazza in primo posto seguita da Lettonia e Israele. Non passano Irlanda, Malta, Portogallo, Repubblica Ceca, Islanda e Svizzera.
Gran Finale
Alle venti nazioni rimaste in gara si aggiungono:
(Francia) Lisa Angell – N’oubliez Pas
Potente brano orchestrale cantato in lingua (d’altronde si sa, i francesi, esattamente come noi, difficilmente abbracciano l’anglofonia) dalle ottime melodie che però sembra convincere.
(Inghilterra) Electro Velvet – Still in Love With You
Mi sorprende il fatto che, con le capacità musicali e l’avanguardia che possiede questa nazione, sia ruscita a mandare questo progetto di musica retro-jazz-cabaret con un brano praticamente rubato a Caro Emerald. Bravi, orecchiabili e melodici ma ca**o !!!
(Australia) Guy Sebastian – Tonight Again
Altro pezzo che probabilmente va dritto dritto nella mia top-3. Guy ci sorprende con un brano in stile Bruno Mars ma con sonorità e un gusto tipicamente inglese. Tutta da cantare e da ballare.
(Austria) The Makemakes – I am Yours
Debole brano piano rock rubato ai Coldplay e cantato con il timbro dei Kings of Leon.
(Germania) Ann-Sophie – Black Smoke
Ottimo brano, anch’esso dai sapori retrò, ma condito con interessanti pulsazioni electro-pop. Ann-Sophie finisce però nel podio delle più belle prima ancora di quelle più brave.
(Spagna) Edurne – Amanecer
Lei è il prototipo della spagnola: bella e caliente, ma cafona e pacchiana. Guardate il suo video e sarete travolti da una cascata di kitscherie uniche.
(Italia) Il Volo – Grande Amore
Non credo ci sia bisogno di presentare questi tre moschettieri. Per l’Italia vale stranamente il contrario: è l’unica nazione che cantando in ligua può assicurarsi un successo capillare in tutta Europa. Per le solite ragioni: il passatismo, un certo amore innato verso la nostra nazione da parte di tutti che però arriva fino ad un certo punto. Personalmente mi sono sentito in imbarazzo più volte per questi “nuovi tre tenori”. Alle ragazzine però piacciono, ma a me no.
Modalità di votazione della Finale
Assistere alla votazione della finale è una delle cose più belle ed avvincenti alle quali abbia mai assistito. Lo schermo va da nazione a nazione, inquadrando i vari portavoce che dicono la loro sulla votazione della delegazione del proprio paese. Funziona così: si vota da 0 a 7 e poi 8, 10 e 12 ai primi tre. Non si può votare per se stessi.
Vince l’Eurovision Song Contest 2015 la Svezia con uno scarto di oltre 60 punti sulla Russia, che stacca l’Italia di circa 20 punti. Assistendo alla votazione si percepisce subito l’idea che i paesi dell’ex blocco sovietico abbiano votato col massimo dei voti la Grande Madre Russia; i paesi mediterranei ci amano mentre i paesi nord europei hanno votato per la Svezia. Ma, dai risultati, si vede chiaramente che la Svezia e la Russia sono state votate un po’ da tutti. L’Italia dimostra un certo gusto musicale ma masochista dando 8 punti a Israele, 10 alla Russia e 12 alla Svezia. Meno male, avessimo vinto noi, avremmo dovuto organizzare probabilmente il peggior Eurovision della storia finendo in quella classica spirale del tutto italiana nella quale si fanno le cose a metà e dove solo nella regione (e forse neanche tutta) in cui fosse organizzato la gente inizierebbe a chiedersi di cosa si tratti.
Conclusioni
Un’età media fra i 20 e i 35 anni ti porta a vedere divertimento e spensieratezza dappertutto. L’evento è stato seguito da tantissime persone, la città era tappezzata da pubblicità di tutti i tipi, dall’aeroporto ai parchi pubblici, dalle insegne sui marciapiedi a ogni angolo della metro.
Fra i punti a favore dell’organizzazione, sicuramente i “dress rehearsal” nei quali la stampa può accedere al primissimo ring e godersi lo spettacolo in transenna. Certo bisogna spingere un po’ ma volete che con la quantità di concerti metal e hardcore alle mie spalle non sia riuscito nell’impresa ? Inoltre, durante queste prove ho potuto vedere da vicinissimo Conchita Wurst che, cantando il suo prossimo singolo, viene issata in aria e vola a dieci metri d’altezza; chiude il suo show con un centinaio di bambini che si mettono attorno a lei in un’immagine di una potenza unica.
Come ha scritto una mia carissima amica quì, il pubblico dell’Eurovision è qualcosa che va oltre l’auditorium in cui si svolge la gara, lo si vede tutti i giorni di quella settimana, dappertutto: alle fermate della metro, in giro per il centro e nei negozi di musica. Sempre per citare la mia compagna di viaggio:
“A Vienna, per dire, anche le maniglie delle porte dei ristoranti ti ricordavano che eri dentro l’Europa canora con gente che andava in giro sventolando la propria bandiera fiera di esserci. Il clima è davvero quello degli Europei di calcio ma senza tensione o bottigliate. Al massimo le diverse tifoserie si scambiano sorrisi e strofe di canzoni”.
I momenti più allucinanti, incomprensibili e divertenti coincidono con l’Euroclub. Un ex birrificio di quattro piani, con alambicchi e distillatori, corridoi, scale retrò e vasti open-space votato al party ufficiale post-festival. Dopo 3 giorni di frequentazioni ancora dovevo abituarmi all’idea che 3 postazioni DJ e un palco con band eseguissero SOLO brani provenienti dall’Eurovision, magari degli ultimi 6-7 anni e di stampo dance (per far ballare chiaramente). Quindi nel giro di 4-5 ore ti ritrovavi a sentire per almeno 4-5 volte gli stessi pezzi a rotazione: il risultato è stato semplicemente una carica che aumentava esponenzialmente ad ogni ripetizione dei pezzi preferiti di tutti. All’interno dell’Euroclub l’ambiente diventa stupendamente gay-friendly e, sembra una fricchettonata da dire, ma si è davvero immersi nelle culture più diverse d’Europa: ci sono asiatici naturalizzati o studenti che vengono da ogni parte del mondo; ragazze russe o armene che sembrano uscite dalle copertine di Vogue, giovani maschietti sbarbati che limonano come non mai, incarnazioni di dee assiro-babilonesi che ballano in hijab, tacchi e gioielli. Il tutto immerso in un clima di abbracci e baci fra sconosciuti. Peccato che l’alcool lo dosino col misurino.
E’ davvero difficile, per chi non c’è stato, capire in quale tipo di clima si è immersi. Sarà che il press-pass ti dava un certo tipo di agevolazioni sui movimenti e fra gli spazi del festival, rendendoti parte di qualcosa che stava crescendo in quel momento. Un’inquantificabile somma di disponibilità, cordialità, gentilezza e sorrisi da parte di tutti, che ancora, dopo le figure di merda decennali di stampo mondiale che fa l’Italia a causa della sua situazione politico-sociale, ci supportano, e che forse, mi auguro, abbiano capito quanto siamo inesorabilmente immersi dentro un infinito castello di Kafka dal quale difficilmente riusciremo ad uscire; ma quando riusciamo a farlo in queste brevi parentesi, possiamo anche dimostrare che il paradigma italiota spaghetti-pizza-mandolino forse ha lasciato il tempo che trova, non a casa nostra ovviamente.
PER LA FOTOGALLERY:
(Danimarca) Anti Social Media (Philip veste: giacca vintage, gilet Drakes, camicia COS, jeans Cheap Monday, stivali vintage. Emil veste: giacca vintage, dolcevita Le Fix, jeans Cheap Monday, scarpe Nike Air Force One . Nikolaj veste: t-shirt Calvin Klein, pantaloni Tiger of Sweden, scarpe vintage. David veste: giacca Pal Zillerri, dolcevita Le Fix, jeans Cheap Monday, stivali Doc. Martens. Nellie & Johanna vestono Elsa Adams, scarpe Miu Miu)
(Albania) Elhaida Dani veste Valdrin Sahti.
(Armenia) Genealogy vestono Armed Galyan.
(Ungheria) Boggie veste Elysian (Boglárka Bódis), scarpe Vágo Réka, gioelli Swarowski, scarpe Enihorn.
(Lettonia) Aminata veste Līga Banga.
(Malta) Amber veste Karren Millen.
(Italia) Il Volo vestono Armani.
(Belgio) Loïc Nottet e i ballerini vestono abiti disegnati dallo stesso Nottet e realizzati dal designer Amke Rijkenbarg.