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10 luglio 2015 | Temporary Residence records | bandcamp |
Dopo cinque anni di silenzio gli Envy di Tetsuya Fukagawa tornano ad imporsi nel panorama post-hardcore mondiale. Certo, la parola “imporsi” per una band come la loro, può sembrare essere mal collocata, forse troppo enfatizzata, eppure chi segue da anni la progressione stilistica della band di Tokyo da sempre si sarà reso conto di come quella violenza primordiale degli esordi sia stata canalizzata moderatamente in sonorità più soft. Gli Envy sono sempre stati il punto d’intersezione fra decine di band post-rock e altrettante screamo o post-hardcore; hanno sempre tenuto un piede sui Mogwai e sugli Explosions in the Sky mentre l’altro calpestava l’impronta dei Thursday o dei La Quiete.
“Imporsi” perché fin dalle prime note di questo “Atheist’s Cornea” si capisce quanto gli Envy siano tornati a guardare il loro passato più psicotico. “Blue Moonlight” è piena di chitarre spezzate, riff strappati e veloci melodie interrotte che buttano l’ascoltatore nel mondo dello screamo più standard, riportandolo ai tempi di quel pallido ma leggibilissimo “From Here to Eternity”. La drammatica enfasi di “Ignorant Rain and the End of the World” si può percepire solo arrivando a denti stretti fino alla fine del brano, in un collasso di sudore e lacrime, per poi venir colpiti da quell’incredibile raggio di luce – che non ti aspetti -, ma che puntualmente ti stupisce e ti commuove ogni volta che spunta dopo la tempesta. “Shining Fingers”, nonostante la gravosità dell’operato vocale, è proprio questo, una brillante ninnananna – che sembra uscire dagli ultimi album dei Mogwai -, dove un delicato soliloquio di organo hammond abbozza sfondi vagamente jazzy, mentre la dolce composizione di archi ci porta verso l’epilogo in un coerente crescendo.
Le sonorità più massicce e tangibili di “Footsteps and Distance” guardano alla tradizione post-core americana, mentre brani come “An insignificant Poem” o “Ticking Time and String” sono già classici della band: con quel loro continuo passare dallo screaming alla spoken-word. “Your Heart and my Hand” sancisce definitivamente l’appartenenza della band a questo centro gravitazionale: ascensioni post-rock, riff e impatti di stampo midwest-emo, pallide ombre di violento hardcore.
Sarebbe interessante tracciare anche un parallelo con i fratelli minori degli Envy, gli Heaven in Her Arms, unico altro progetto nipponico ad essere paragonato ai capomastri di Tokyo. Mentre i nostri si sono spostati lentamente verso sonorità serene e soleggiate, questi ultimi hanno intrapreso una sorta di percorso opposto arrivando ora a quello che potevano essere gli Envy degli esordi se avessero goduto di una produzione diversa, più incentrata sul valorizzare certe esplosioni di suono e un certo impatto. Ed ecco perché “Atheist’s Cornea” si impone di nuovo in questo panorama: per calcare un solco sulla morbidezza della sabbia, una ferita che viene immediatamente lenita, in quello che è l’album più dicotomico della formazione di Tokyo.