Cosa cavolo credete che sia il Punk? Bhe, forse nessuno lo sa, neanche Simon Le Bon. Ma a lui il Punk piaceva. Lo sapevate che faceva il facchino all’Accident Northwick Park Hospital and Casualty ? – un teatro. Si, e fra i provini per diversi spot televisivi – perché era pure belloccio, una grande colpa nell’era dei Vicious -, e le prove con le due Punk Band in cui militò “Dog Days” e “Robostrov“, il tempo in eccesso per avere anche il massimo dei voti in “pogo dance” scarseggiava. Un bravo ragazzo direte, dipende. Sicuramente aveva le idee chiare; non si decide di andare in un Kibbutz così, dal giorno alla notte. Come non si decide su due piedi di registrare un libro agnostico sul Natale – The Atheist’s Guide to Christmas. Chiaramente ora, per qualche secondo, lo immaginerete in tuta da lavoro e pugno sinistro alzato, ma poi passa.
Nick Rhodes (tastiere) e John Taylor (chitarra) invece, andavano a scuola insieme. Erano tipi decisamente affascinati dalla cultura dei sixties: gente che guardava “Barbarella” – il film di Roger Vadimmet a cui la band si ispirò in seguito per la propria ragione sociale – più che per la fantascienza e l’erotismo, per i vestiti di scena. Se c’era un idolo, era sicuramente Paco Rabanne. Inutile dire che quando videro Le Bon sul palco con i Dog Days ebbero un’epifania.
“Ti immagini questo tizio vestito da bucaniere, cantare all’interno di un ghiacciaio in un futuro non ben precisato?”
“Contrasto freddo/caldo, acqua/fuoco?”
Andata.
Però, non essendo questa una monografia, ora salteremo bellamente tutta la parte interessante dove: invadono le classifiche, insegnano al mondo come si fa un videoclip, e si infilano virtualmente, ma neanche troppo, nelle mutandine di tutte le ragazze del globo facendo diventare il poster di Le Bon uno degli status symbol musicali più inflazionati – battuto solo dal moonwalk di Jackson, dal gesto delle corna ed in seguito dall’headbanging. Lo faremo per creare un parallelo con la ripartenza – dalla Warner – d’inizio millennio, visto che nel frattempo band come Killers e soprattutto Franz Ferdinand decisero di riproporre parte delle caratteristiche musicali che portarono in auge i Duran Duran, facendoci bei soldoni.
Chiaramente, la band di Birmingham non è rimasta a guardare i Franz Ferdinand fare i Dandy alle mostre. Le Bon e Rodgers hanno contribuito al disco dei Dandy Warhols, e la band ha festeggiato il 25° anniversario, c’è stato il tour mondiale più lungo della loro carriera e oggi vengono considerati come la prima band metrosexual di sempre – ma soltanto perché nel 2004 il termine era sulla bocca di tutti, per poi scomparire misteriosamente come il geroglifico.
Ma i dischi? Sebbene “Pop Trash” (2000) e “Astronaut” (2004) furono due passi falsi, risultarono però utili tentativi alla ricerca del miglior modo per attualizzare questo connubio fra Punk, romanticherie, Funk ed estetica da Studio 54. Alla fine, dopo varie riflessioni decisero di rivolgersi allo specialista. Prefisso Newyorkese e telefono che squilla nell’ufficio di Timbaland.
“Pronto. Si sono io. Come dite? ah Inglesi, ah vecchie glorie in buono stato. No graffi né ammaccature? Si, l’ho già fatto con Madonna“
Il risultato “Red Carpet Massacre “ fu inaspettato, ma in positivo. Bowie e gli Ultravox che incontrano l’Euro Disco e sparano colpi di mortaio contro la mediocrità della starlette media. Una rinascita, che fece il paio con il successivo “All You Need Is Now“, dove aumenta l’adrenalina, la Wave, ed il Funk-Punk.
Oggi siamo di fronte al terzo lavoro “Paper Gods” – l’uscita è prevista per l’11 settembre – da quando Timbaland ha tolto le ruotine dalla bicicletta (14° in totale), e la mano è di quelle tese verso la contemporaneità, forse come mai in precedenza. Lo volevano più funky, lo volevano più “ballabile” e pieno zeppo di amici. Il primo si auto invitò. Così scopriamo che il sogno nel cassetto di John Frusciante era quello di partecipare ad un album dei Duran Duran: “posso venire? Ma certo”. E quando le tracce su cui intervenire arrivarono nel suo studio di Los Angeles, il nostro mise il cartello “Chiuso” e si barricò dentro, nutrendosi saltuariamente. Ma come detto, gli amici intervenuti sono diversi. Nella funkeggiante “Pressure Off” emerge la voce frizzante di Janelle Monae, mentre il cantautore britannico Mr Hudson, ha agito come collante in sede di regia. Della partita anche Lindsay Lohan, ma nessuno ha capito il perché.
Poi ci sono le dichiarazioni paracule di John Taylor, tanto per mettere il solito idrante industriale davanti alla ruota del mulino:
«È davvero un ritorno a quello strano mix dei Duran dei primi tempi: il pop dai bordi duri e netti, che convive con il lato scuro, strano e sperimentale»
Anche se la definizione “Pop dai bordi duri” mi manda in sollucchero, il discorso sul lato oscuro è vero. Anzi, noi diremmo Grigino. Una componente sopita che nelle composizioni più a fuoco riesce magicamente nell’intento di bilanciare la zuccherosità del Pop da classifica – “You Kill Me With Silence” – donando allo stesso tempo un’aura evocativa. Quella sensazione lì è presente nel nuovo lavoro e si sposa discretamente con una produzione ovviamente modernissima: perché se non ve ne foste accorti è di questo stiamo parlando già da un po’, di vecchi artisti che sgomitano per ficcare, questa volta solo ideologicamente (o no?), i propri scroti rugosi dentro le vagine perennemente rasate appartenenti alla nuova generazione.
E noi l’ultima cavalcata gliela concediamo, anche se l’età non è più quella delle camicie aperte e delle bandane, e nonostante la continuità che manifesta questo “Paper Gods“, probabilmente sarà anche l’ultima incarnazione della band.