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30 ottobre 2015 | Temporary Residence | ihaveadagger.net/ |
Il più grande e prolifico revival degli ultimi dieci anni è stato, senza alcun dubbio, legato alla rinascita della disco-music nell’accezione più ampia del termine. La riscoperta di certe sonorità, che vedono come protagonista il sintetizzatore e l’uso “moderno” degli stilemi passati, hanno investito a 360° il mondo della musica. Da dove vogliamo partire? Bhe, forse, in questo caso, sarebbe indicato farlo da Madonna e dal suo “Confessions on a Dancefloor”: visto che con quell’album la regina del Pop “scomodò” nello stesso momento gli Abba, Moroder e Donna Summer – insomma, quei mostri sacri capaci di definire l’intera estetica di genere. A livello microscopico significa che i coautori di quell’album (Stuart Price e Mirwais) facevano già parte di quel french-touch, fondato da Daft Punk, David Guetta e Cassius.
Il risultato è che da questo momento in poi si creeranno tanti sotto strati culturali e sonori in ogni angolo della musica mondiale. I più importanti, saranno rappresentati dai revival space e italo disco, anch’essi suddivisi in diverse ramificazioni. Lo stesso identico modo di suonare il sintetizzatore andò a configurarsi come struttura portante sia per la Dance più spensierata che per la Dark-Wave più cupa e torbida. Sul versante danzereccio troviamo il collettivo Valerie & co. – da cui nacquero College, gli Anoorak e gli Electric Youth – i cui artisti furono i fautori della colonna sonora di Drive. Spostandoci in ordine verso il lato delle ombre, troviamo la Bordello a Parigi – label olandese che ristampa vecchie gemme italo e lancia nuove produzioni su quello stile –, la Italians Do It Better – l’etichetta americana che produce Chromatics e Glass Candy – e infine Dark Entries e Minimal Wave, label sorelle che ristampano cupe edizioni electro-dark e minimal wave anni ‘80.
Se eseguiste qualche ricerca incrociata, avrete un quadro abbastanza chiaro di quello a cui alludo. Ci sarebbe un ultimo tassello da svelare: quello che riguarda il mondo più “estremo” della musica, quello vicino al lato heavy. In quei settori il concetto di riflessione è sempre stato al centro delle proposte, ecco perché fin da metà anni ‘90 si mixava il metal estremo a tappeti ambient che poi, col passare degli anni, sono diventati una riscoperta della kosmischemusik e del krautrock. E tutti sanno che dal kraut si passa al moog e poi all’uso delle pulsazioni analogiche come faceva il Giorgione nazionale. Quest’ultimo apparentemente irrilevante tassello, era per dirvi che una label abbastanza ortodossa come la Relapse, aperta alle novità solo quando ancora legate ad un certo tipo di sonorità, sono anni che ha messo sotto contratto gli Zombi: un progetto che sta alla musica heavy come il cacio sugli spaghetti al tonno. E gli Zombi, qualche anno fa, hanno appunto fatto uno split con i Maserati. Ora vi tornano i conti ?
Il post-rock movimentato dei ragazzi di Athens, Georgia è sempre cresciuto su brillanti trame chitarristiche arricchite da delay e melodia: da scariche elettriche. Con “Rehumanizer” assistiamo certamente ad un cambiamento stilistico, ma anche ad uno sviluppo coerente e maturo della proposta musicale. “No Cave” è il manifesto di quello a cui stiamo andando incontro: synth pulsanti come solo Moroder e Patrick Cowley sapevano gestire; atmosfere spaziali, paesaggi distopici e autostrade futuristiche. Arrivano anche le chitarre che, questa volta, invece di gareggiare sulla distanza, non fanno altro che implementare i synth.
Lentamente dall’electro si passa al rock, rispolverando quello che era già stato fatto nel precedente “Maserati VII”.
Con “Living Cell” siamo già nei territori di cui sopra, ovvero fra Pet Shop Boys e Depeche Mode, ma con le chitarre che la fanno ancora da padrone. Sarà “Montes Jura” a riportarci nei deserti panorami electro-synth, in un mondo deserto che si divide fra John Carpenter e “From Here to Eternity” di Moroder; qui i fraseggi delle sei-corde insistono per portare il feeling verso angoli struggenti e post-apocalittici. “End of Man” ci riporta a quell’italo-disco dei primi anni ’80, con le voci robotiche dei Telex, di Alexander Robotnick e Casco. Bella anche l’ultima doppietta “Rehumanizer I” e “II”: dove i Maserati riescono a muoversi attraverso un linguaggio electro-post-rock veloce, a metà strada fra quello che hanno fatto i Juan Maclean e i dEUS, dirigendosi perfettamente all’interno di un riquadro che potrebbe appartenere sia alla Valerie & co. che della Telefuture.