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23 ottobre 2015 | Spinefarm Records | killingjoke.com |
I Killing Joke sono stati uno dei gruppi più influenti degli eighties, giungendo a definire un suono del tutto unico, ibridando certa new wave americana (Pere Ubu) con le sonorità futuristiche di certi gruppi inglesi loro contemporanei – Throbbing Gristle e Ultravox. Questo suono – unito ad un tribalismo quasi sconosciuto per i gruppi di quell’epoca, esclusi i Siouxie & the Banshees –, ha influenzato molte band del movimento cosiddetto “post core” o “nu metal” degli anni 90, come ad esempio: Nine Inch Nails, Ministry, Deftones e Korn. A dire il vero, come spesso accade, non tutte le produzioni della band hanno raggiunto gli elevati standard degli esordi: un lasso di temporale particolarmente ispirato, che va dall’omonimo “Killing Joke” del 1980, fino al magnifico “Night Time” del 1985 – che contiene una delle più belle canzoni New Wave di sempre “Love Like Blood“.
Questo “Pylon” chiude un’ipotetica trilogia avviata con “Absolute Dissent“, del 2010, e proseguita con il precedente “MMXII” del 2012, riuscendo tuttavia a convincere molto di più dei precedenti titoli. Il disco parte forte, assestando immediatamente i suoi migliori colpi, con il trittico: “Autonomous zone”, “Down of the Hive” e la successiva “New Cold War” – quest’ultima forse la più bella del lotto, grazie ai suoi forti riferimenti al periodo di “Night Time”. La successiva “Euphoria” gioca tutto su tastiere di matrice “Cure” – del periodo “The Walk”, mentre l’aggressività torna imperiosa in “New Jerusalem”: un brano che si conclude in una vera e propria dichiarazione di guerra, con annessa descrizione di scenari apocalittici e di distruzione assoluta.
Le cadute di tono ci sono, ed emergono in “War on Freedom” e “Big Buzz” – che contiene uno dei ritornelli più brutti mai ascoltati, ma vengono mitigate dalla micidiale conclusione di “Into the Unknow”. Qui lo scherzo non solo uccide, ma resuscita se stesso attraverso una cavalcata industrial metal, che si apre nella parte centrale ad un refrain che conquista. Insomma, un disco non completamente a fuoco ma con qualche canzone sopra la media – soprattutto rispetto agli ultimi lavori – che porta il rating complessivo su livelli convincenti.