Acquista: | Data di Uscita: | Etichetta: | Sito: | Voto: (da 1 a 5) |
19/02/2016 | captured tracks | wildnothingmusic |
Siamo a fine maggio 2013 e i Wild Nothing suonano al Primavera Sound. Pochi giorni prima è uscito il buon EP Empty Estate. Attaccano con “Shadow” ma la canzone non gira benissimo. L’intero set fatica un po’ e la loro é ricordata da alcuni come una delle esibizioni più anonime dell’intero “circo”. Sarà che il loro suono così dreamy va benissimo nella cameretta ma è meno adatto alla folla. Sarà che l’uomo rosso dietro al nome Wild Nothing (Jack Tatum) ha un’aria selvaggia e dannata come potrebbe averla il Ricky Cunningham di Happy Days. E così, a breve, parte una revisione abbastanza impietosa anche su tutto ciò che su disco la band aveva fatto prima. Tra i loro numi tutelari c’erano e ci sono Smiths e Cure. Dalla loro parte una buona scrittura e un approccio morbidamente shoegaze con i tratti del suono Captured Tracks. Tutte cose che erano sicuramente di alta moda pochi anni fa e oggi leggermente di meno.
Life Of Pause, il nuovo lavoro, arriva un minuto prima che i Wild Nothing diventino una roba già abbastanza vecchia per noi, assorbiti dagli streaming del mese, ogni mese. Quasi quasi sembrano invecchiati i DIIV, figuriamoci se non sono a rischio anche loro! Però Life Of Pause riesce a conquistarsi il suo spazio. Non con prepotenza (figurarsi) e nemmeno stravolgendo i canoni del suono tipico di Tatum. Stavolta più che in passato affiora qua e là un’eleganza che sa di Japan (se guardiamo indietro) e di Dutch Uncles (se guardiamo intorno). Sembra che adesso i Wild Nothing mettano più spesso il naso fuori dalla cameretta e pur assemblando canzoni relativamente semplici s’inventano anche un personale ponte tra i Tears For Fears e gli Air (“Alien“). Forse continua a non essere roba per gli stadi e i megafestival ma il risultato ha un valore non trascurabile. “Lady Blue” per tre quarti di minutaggio è l’emblema di questo atteggiamento introverso, un po’ classy e un filo pettinato. Poi però sfocia in un finale di canzone emotivo che strappa il cuore a chiunque ne abbia un pezzo. E la title track è una spirale di sintetizzatori acuti e zuccherini che nella strofa lascia il passo a un approccio timidamente cosmico, per poi ricominciare a girare. È il suono di quella volta che in un posto affollato e con la musica alta avete conosciuto una e non avete capito nulla di quel che cercava di gridare al vostro orecchio sinistro. Però stavate benissimo lo stesso, voi e l’orecchio ferito. I Wild Nothing tornano a Barcellona sabato 4 giugno e parecchi li vedranno. Il consiglio è di non concentrarsi eccessivamente sul palco.