A dispetto di chi lo vuol dipingere come una pop-star imbolsita e sul viale del tramonto, che farebbe qualsiasi cosa pur di attirare un minimo di attenzione mediatica, è bene ricordare che Stephen Patrick Morrissey, ormai da decenni, porta avanti un messaggio poetico, e insieme politico, che lo pone dalla parte degli oppressi, delle vite calpestate e massacrate. Non ultime quelle degli animali.
Da “Meat is Murder”, passando per “Margaret on the guillotine”, brano che gli valse come premio una perquisizione in casa ad opera della polizia, fino ad “I’m not a man”, Morrissey ha sempre rappresentato una voce critica all’interno della società inglese, e per estensione del nostro affranto mondo occidentale.
Non desti perplessità, dunque, la notizia che l’Animal Welfare Party lo vorrebbe candidare alle prossime elezioni come sindaco di Londra, e che Moz sarebbe seriamente intenzionato ad accogliere la proposta. E stavolta, malgrado la matematica certezza della sconfitta, dal “castigare cantando mores” all’attività politica vera e propria il passo potrebbe essere davvero breve, e magari nella direzione giusta, quella della fantasia.