MODERAT – III

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Bastano una mente e una voce tendenzialmente non propri di questo mondo e due corpi alimentati totalmente da correnti e frequenze per sovvertire l’ordine della club culture, riscrivendone regole e ridisegnandone schemi. Apparat e i Modeselektor hanno uno stile consolidato e oramai facilmente conoscibile, non più circoscritto ad una nicchia fatta di musica elettronica raffinata. Si aprono a palcoscenici molto più orientati alle masse, e se proprio si vuole sfatare il mito della necessaria etichetta di genere, che si abusi anche della parola pop per descrivere la tendenza di quest’ultimo loro disco.

E la cosa, per loro stessa dichiarazione, non gli sta stretta. Loro stessi citano un gruppo come i Depeche Mode per mostrare al pubblico che a contare sia la sostanza, rimanendo al di fuori di schemi e di convenzioni, semplicemente fedeli ad una propria linea, al proprio concetto di realtà e di immaginazione trasposti alla musica. Più completo rispetto al precedente II del 2013, in cui era già presente il potentissimo connubio di ambient, elettronica, glitch-hop di III, ma che peccava forse di una non proprio crescente linearità della curva di entusiasmo nel susseguirsi delle tracce.

Quest’ultimo lavoro colma probabilmente quest’aspetto del recente passato dei Moderat: da Eating Hooks a Hethereal – tralasciando le più danzereccie bonus track – la soglia dell’esaltazione disegna un parabolico crescendo nella curiosità dell’ascoltatore, catapultandolo in una realtà che non è meramente quella da club, ma è una tangibile traduzione di alternate sensazioni di eccitazione e pace.

Si tratta probabilmente di un sugello che li introduce a palcoscenici più conosciuti del clubbing, senza perdere raffinatezza, entusiasmo e stile di quello che oramai non è più un solo beat ma una vera e propria band.