Eagulls – Ullages

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Un paio di anni fa l’irruenza del loro esordio risuonò a tal punto da destare l’interesse di David Letterman che li volle nel suo rimpianto Late Show. Fu l’occasione per mostrare al mondo, su un palco che musicalmente ha sempre avuto un’importanza notevole, tutta la propria ferocia punk. A distanza di qualche tempo e del grande successo ottenuto, gli Eagulls, in altre parole cinque giovani scapestrati di Leeds dall’attitudine insolente, escono in questi giorni con il nuovo lavoro “Ullages”.

Pur restando fedeli al movimento post-punk anni ’80, sin dal primo ascolto il cambiamento nell’approccio e nei suoni è evidente. Rispetto a quello che era stato l’omonimo “Eagulls”, non abbiamo quella sensazione di forza e follia simile a un’auto che viaggia all’impazzata verso un muro, facendolo a pezzi e uscendone intatta. La spensieratezza e l’imprudenza lasciano qui spazio ad ambientazioni più cupe, più mature – per intenderci, parliamo di sonorità alla “Pornography” o “Disintegration”, ma non solo.

La voce di George Mitchell ci accompagna tra angosce e inquietudini rievocate da chitarre dreamy e batteria opprimente, quella che fa penzolare la testa. L’auto stavolta viaggia in maniera più controllata, senza, però, perdere energia; tutto ciò grazie a un lavoro di produzione evidentemente più attento e corposo. Pezzi come “Blums”, “Euphoria” e “Lemontrees” sono gli episodi più punk, più vigorosi.
Pur essendo immancabile il riferimento ai Cure, il mondo in cui ci si addentra sembra essere più quello degli Echo and the Bunnymen. Mitchell e compagni virano verso suoni più melodici e caldi come nella pop “Velvet” e da ballata come in “My Life in Rewind”, già anticipata come singolo e vero cardine concettuale di tutto l’album.

In chiusura troviamo poi una certa assonanza con gli Smiths, specialmente in ”Psalms” e “Skipping”, altri due pezzi davvero ben riusciti. “Ullages” è la definitiva consacrazione del gruppo di Leeds; come l’anagramma da cui è tratto il titolo, i giovani inglesi cambiano senza snaturarsi, mantenendo intatta la propria personalità. Tra tenebre e nostalgia siamo trascinati in una città grigia e depressa, ignota. Sarà il vibrare delle chitarre da cui traiamo energia, ma non c’è spazio per il pessimismo, siamo più vivi che mai.