«Ogni scarrafone è bello a mamma soja» cantava un noto artista partenopeo; ed è vero, non c’è nulla di più potente in natura che una madre pronta a tutto per difendere i propri piccoli. In questo caso però accadde il contrario. Nick Oliveri è un bambino irrequieto. Uno spirito Punk genuino, che vede la scuola come un posto dove ottenere: “Il massimo dei voti in danneggiamenti” – SLC Punk (Cit.). Li ottiene, battendo sul filo del rasoio il proprio baby competitor al gioco delle sospensioni – vince chi ne accumula di più. Così la madre del nostro decise di andarsene da Los Angeles verso un luogo migliore in cui allevare piccoli serpenti; infondo nella città degli angeli c’erano troppe famiglie ricche, troppi vecchi facoltosi entrati nel mirino del suo piccolo vandalo. Trovò un nuovo lavoro e trasferì la famiglia nel deserto.
Nel frattempo il piccolo di casa Oliveri aveva già cominciato a mostrare un certo interesse per la musica. Aveva 11 anni e se ne stava tutto il giorno con lo zio davanti a quel vecchio stereo ascoltando ripetutamente Paranoid dei Black Sabbath. L’epifania. “Tu un giorno farai musica, non puoi fare altro” gli ripeteva convinto lo zio motociclista, anche se il primo approccio con la chitarra fu da dimenticare. Nick si allenava continuamente con i pezzi di Kiss e Ramones, con risultati alterni. Un giorno, dopo aver marinato la scuola, decise di passare la mattinata suonando i pezzi dei propri beniamini mentre ne ascoltava i dischi. Ad un certo punto immaginò i Ramones materializzarsi al suo cospetto: lo stereo era al massimo e la chitarra fuoriusciva dalla cassa destra, mentre il basso dalla sinistra. Istintivamente decise che quest’ultimo sarebbe stato il suo strumento in futuro: la via della mano sinistra aveva compiuto il suo miracolo.
Ma è nel 1987 che si esibisce per la prima volta con una formazione vera. Si chiamano Katzenjammer e annoverano tra le fila gente del calibro di Josh Homme (Chitarra) Brant Bjork (Batteria) Nick alla seconda chitarra, John Garcia alla voce e Chris Cockrell al basso. Nient’altro che la prima versione dei Kyuss. Ma nel deserto non c’erano troppi posti in cui esibirsi e lo fecero ad una festa. Erano feste improvvisate, prevalentemente all’aperto, soprannominate “Generator Parties” – ovvero gente che beve birra e alimenta elettricamente i propri strumenti mediante generatori a benzina. In realtà nel deserto non c’era proprio nulla da fare, motivo in più per buttarsi a capofitto sulla musica in maniera ossessiva – ed un ringraziamento qui va alla madre, senza di lei avremmo avuto un ergastolano Ndr –, alternando il tutto con alcol, droghe e ragazze. «C’erano un sacco di band che suonavano nel deserto» dichiarò il nostro in un’intervista – Grazie al cazzo Nick.
Ben presto però, l’aura magica insita nel suono pieno del basso prese il sopravvento, e quando i Kyuss cominciarono a fare sul serio la postazione alle 4 corde diventò sua di diritto. Esordirono su disco nel settembre del 1991 con “Wretch” arrangiando parte del precedente Ep “Sons of Kyuss“ e sfruttando una fama crescente alimentata dal passaparola. Si parlava di “Live dall’urgenza Punk” ma capaci di mantenere intatta una certa estetica riconducibile al deserto. Ma è nell’anno successivo con il seminale “Blues For The Red Sun” che la band compie il miracolo. Infatti, grazie all’innesto di un produttore del calibro di Chris Goss, abile nel trasferire la ruvidezza manifestata in sede live su disco, la band aggiorna in maniera inedita certi canoni stilistici riconducibili al Blues e al Southern Rock, innestandoli con pura urgenza Punk. Un capolavoro che tutt’oggi è riconosciuto come fondamentale nello sviluppo del Rock.
Mentre tutto sembra andare nella giusta direzione, Nick Oliveri fa una scelta drastica: quella di lasciare la band. E’ il 1992 e la scomparsa del padre, venuto a mancare a causa di un brutto incidente stradale, segna profondamente l’ormai leggendario bassista. Partirà così, negli anni a venire, una serie di collaborazioni che lo vede esibirsi dal vivo con alcune delle band più incredibili del pianeta: Brant Bjork, Motörhead, Winnebago Deal, Masters of Reality, The Dwarves, Mark Lanegan e con gli amici Turbonegro.
Ma furono i The Dwarves, verso la metà dei ’90, a diventare una delle sue collocazioni ideali. Ne fu affascinato fin dai tempi dei Kyuss, fin da quel concerto visto in compagnia di Brant Bjork: quando immersi nel pogo il cantante della band (Blag Dhalia) gli mollò un pugno in faccia. Forse una sorta d’iniziazione per Nick che nel 1994 incise con i “nani” il singolo “Gentlemen Prefer Blondes“, per poi esordire su lunga distanza con il dissacrante “The Dwarves Are Young And Good Looking” – ve la ricordate la copertina? Nei The Dwarves, si fa chiamare con lo pseudonimo Rex Everything e con loro inciderà altri cinque album: The Dwarves Come Clean (2000), How To Win Friends And Influence People (2001), The Dwarves Must Die (2004), The Dwarves Are Born Again (2011) e The Dwarves Invented Rock ‘n Roll (2014).
L’iperattivo Nick lavora però su più piani. Quelli dettati dalle droghe e dall’alcol, e quelli riguardanti le band di cui fa parte. Quindi non pago, nel 1997 fonda i Mondo Generator. Inizialmente intesi come solo/side project/divertimento questa creatura negli anni prenderà forma dando vita ad ottime prove in studio. Dall’esordio immediato di “Cocaine Rodeo” (1997) fino agli acclamati “A Drug Problem That Never Existed” (2003) e “Dead Planet: SonicSlowMotionTrails” (2006) giungendo così all’ultimo “Hell Comes To Your Heart” (20012). Ma proprio nel 1997 accade qualcosa d’inaspettato.
Il suo vecchio amico Josh (Homme) sta lavorando alla fase embrionale di quelli che saranno i futuri Queens Of The Stone Age, ma non è convinto: manca la spinta. Allora sale in macchina in compagnia di Alfredo Hernandez per dirigersi ad Austin in Texas, dove quella sera si esibiranno i Mondo Generator. Sarà un concerto incendiario quello che si svolgerà nel piccolo Punk Bar “Blue Flamingo“, al termine del quale Josh incontrò un Oliveri ubriaco marcio nel tentativo di includerlo nel nuovo progetto. Nick da vero bastardo rispose con un ironico: “Ci mandi una cassetta, le faremo sapere” al ché Homme senza battere ciglio se ne andò, pensando di comportarsi esattamente come suggerito. Quella cassetta era ovviamente dinamite pura – conteneva tracce che poi saranno lo zoccolo duro dell’esordio omonimo degli Stone Age –, e sebbene ci mise un po’, alla fine accettò l’invito.
Con l’uscita del disco omonimo nasce la saga dei Queens Of The Stone Age, disco al quale Nick però non parteciperà aggregandosi al gruppo solamente per la gestazione del successivo “Rated R“. Tutto lascia pensare ad una chimica ritrovata, che culmina con l’esplosione commerciale – e di critica – dello splendido “Songs For The Deaf” (2002). Ma ancora una volta qualcosa fra i due non torna. Nel 2004 dopo una serie di tour in Australia, Oliveri viene estromesso dalla band a causa di una serie di comportamenti violenti nei confronti dei fan e della ragazza di Josh Homme – Brody Dalle frontgirl dei The Distillers. Uno stop che lo vedrà lontano dalla band – di cui ha recentemente affermato di possedere il 47% del marchio – fino all’ultimo “...Like Clockwork“. Ma ovviamente non sarà più la stessa cosa.
L’inizio del decennio lo vede fedele alla propria indole selvaggia, qualcosa che gli frutterà l’arresto nel 2011 per comportamento violento nei confronti della sua ragazza dopo un braccio di ferro con la polizia durato più di due ore. Nella sua abitazione tanta droga e un fucile, of course. Una lezione che sembra al momento aver funzionato viste le recenti uscite live, anche nel nostro territorio. Incontrarlo in tour con i The Dwarves, con gli stessi Mondo Generator e con il suo progetto solista acustico ha dato a molti l’impressione di vedere un uomo rinnovato: forse la solita facciata gioviale che cela un demonio al proprio interno.