Acquista: | Data di Uscita: | Etichetta: | Sito: | Voto: (da 1 a 5) |
21 Ottobre 2016 | BMG | thepretenders.com | ![]() |
Capiamoci subito, oggi parliamo di una vera sacerdotessa. Del livello di Patti Smith o Debbie Harry. Del progetto originale firmato Pretenders l’unica costante rimasta è appunto la voce di Chris Hynde, ma non ce la sentiamo di lamentarci. La qualità di ogni sua produzione musicale è da oltre quarant’anni di livello purissimo e la sua anima di carta vetrata emerge sempre al di sopra di ogni singola nota. Anche quest’anno ci ha regalato una piccola gemma, ancora una volta accompagnata dal chitarrista Duane Eddy, dal bassista di Johnny Cash (Dave Roe) e dal chitarrista Kenny Vaughan.
L’album è stato anticipato dal singolo “Holy Commotion“, un vero mantra cullato da morbidi sintetizzatori. Il tema dell’album viaggia su registri diversi, si passa dal Post-Punk al Blues – l’omonima opener si posizione fra Lou Reed e Jon Spencer –, fino alle ballad – “Blue Eyed Sky” su tutte. Non mancano i pezzi che manifestano elementi d’innovazione nel canovaccio classico della band: un esempio lo troviamo ascoltando nella sopracitata “Holy Commotion“.
L’impressione rimane sempre quella che si prova ascoltando un disco dei Pretenders; e cioè che si tratti di una produzione senza tempo, così semplice e vecchio stile ma altrettanto complessa da inquadrare. “Alone“, come un po’ tutti i suoi precedenti affonda nelle radici della musica del novecento e si abbevera costantemente di quel nutrimento. D’altronde la cifra stilistica della Hynde beneficia da sempre anche di una potentissima dimensione live che, siamo certi, verrà implementata da quest’album. Una presenza scenica, quella della frontgirl capace di ipnotizzare lo spettatore, il quale a sua volta prova piacere nel farsi graffiare e leccare le ferite da una delle pochissime artiste che ancora nel 2016 può davvero fregiarsi del titolo di sacerdotessa del rock.




