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18 novembre 2016 | ed banger | justice.church | ![]() |
Effettivamente eravamo belli e disorganizzati nel 2007. Invece, oggi che non è il 2007 da circa dieci anni, siamo più brutti e indaffarati. Facciamocene una ragione anche se c’è chi una ragione non se l’è fatta. Diamo per esempio un ascolto ai lavori recenti di Digitalism e Simian Mobile Disco. Dunque, i primi continuano a inseguire la scia di ciò che hanno rappresentato in quell’anno magico. I secondi scappano via con la falcata di Bolt da ciò che erano stati. Nel dettaglio, i Digitalism hanno fatto uscire quest’anno Mirage, un disco a modo suo passabile, tutto bordate e vitamine. I Simian Mobile Disco dell’ultimo, nuovissimo Welcome To Sideways, stazionano ormai in una loro comfort zone da club, ben lontana dal vasto pubblico.
I Justice sembrano non aver bisogno né dell’una, né dell’altra pista. Consapevoli più di noi che “D.A.N.C.E.” viene una volta sola nella vita, Gaspard e Xavier puntano a fare altro e a farlo bene. E quindi, 5 anni dopo il secondo Audio, Video, Disco siamo a parlare di Woman. Il nuovo album mostra sulla sua pelle la distanza sia umana che temporale dai due precedenti capitoli, sebbene il nocciolo parli la solita lingua del duo parigino. Quello dei Justice continua ad essere un linguaggio meticcio che parte dall’elettronica vintage, si va a impolverare di funk e quindi s’inzuppa di buona tradizione francese, caramellosa e barocca.
Il lato rock 70’s di Audio, Video, Disco è meno rappresentato in Woman. E a onor del vero non se ne sente eccessiva mancanza. C’è invece un’aura pop psichedelica che s’insinua nel tessuto di natura disco. E così vien fuori che Woman (quanto a contenuti) riesce a mettersi quasi nel mezzo fra due dei bestsellers degli ultimi anni: Random Access Memories dei Daft Punk e Currents dei Tame Impala. Il disco è conciso, ma non in termini di minutaggio, piuttosto lo è per numero di tracce.
E anche se altre due o tre canzoni ci potevano stare, in realtà qui i Justice le azzeccano quasi tutte. Dominano l’opulenta “Randy“, la strumentale “Alakazam !” (l’esclamativo è loro) e l’ipermelodica “Pleasure“. E poi i momenti chic e cafoni insieme che fanno un po’ Chromeo. Ma la spinta grossa la dà “Stop“, messa lì a metà, una roba disco settanta, lenta, nera e vaporosa. Non è “D.A.N.C.E.” perché non è il 2007 e perché probabilmente è questa qui la loro canzone più bella. È l’evoluzione coerente di quella stessa estetica ma con dieci anni irripetibili e faticosi in più nella testa, dieci anni aggiunti e non tolti. Nel video di “Fire” ritorna la Susan Sarandon delle ambientazioni On The Road di Thelma & Louise. E, che ci crediate o meno, lei è veramente più bella che nel 1991.




