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4 Marzo 2017 | Retro Vox Records |
Forlì e la sua architettonica austerità risalente al periodo fascista. La stessa che oggi riflette un’inedita indolenza (del popolo rispetto alla vita) su edifici che un tempo rappresentavano il vessillo del potere preso con la forza. Tutto è fottuto oggi, anche più di prima. Sommessamente fottuto: come un corpo febbricitante, inerme al cospetto dell’aguzzino di turno. Chi? Forse le banche, più probabilmente l’uomo stesso. In questo contesto non stupisca il fiorire di una scena cittadina capace di annoverare fra le proprie fila gente di tutto rispetto come: La Quiete e Le Tormenta. Oltre ovviamente al progetto Carnero.
Assalto è il primo full length – dopo il “12 pollici omonimo del 2015 –, a firma Carnero. Un lavoro che consolida, soprattutto nella scrittura, l’estetica di un combo che si presenta fin da subito con un suono schiacciasassi e margini di crescita impressionanti. Il loro è un esordio che suona come una sveglia coscienziale nei confronti del popolo minuto, reo di far buon viso a cattivo gioco sistematicamente. Questo risulta lampante fin dall‘opener “Città Nere“, specie se si prendono in analisi certe invettive che riportano alla mente quelle tematiche tanto care a mostri sacri come Negazione (“nei miei occhi spenti nel disagio dentro“) e Fluxus; “ignari di tutto, consci di tutto schifosamente” fa inconsciamente il verso all’apertura dell’ultimo lavoro omonimo (2002) della band messa in piedi da Luca Pastore – l’indimenticabile “Nessuno Si Accorge Di Niente“.
Parlando d’impostazione e di riferimenti non ci si può esimere dal menzionare i milanesi Sottopressione; gli inserti vocali parlati (e non urlati) che s’insinuano fra le deflagrazioni tambureggianti di “Dissanguare La Preda” rimandano alle pause riflessive tanto care all’Enrico De Candia di Così Distante (1998) – pietra miliare dell’Hardcore nostrano. Volendo fare un parallelo più recente, potremmo citare i Ruggine (di Iceberg) come altro esempio di ottima rilettura di questo passato, ovviamente con le dovute distanze di genere. Si, perché l’Hardcore dei Carnero non fa ostaggi, attacca a testa bassa talvolta trascendendo il genere in favore di un approccio metallico figlio di Napalm Death e Nasum – soprattutto la prima ha ispirato ed è stata d’ispirazione per la scena in oggetto, basti pensare ai due “Leaders Not Followers” composti interamente da cover di band Hardcore: di cui ricordiamo con orgoglio una splendida “Politicians” dei nostri Raw Power.
“Rifletti” è un’ode all’imperfezione, all’approccio seminale nei confronti di una vita scandita dal ritmo lavorativo, dalle consuetudini; così tremenda ed implacabile nella sua costante ricerca della verità (estetica, di comodo) da costringerci ad ingoiare anche tutta una serie di paranoie – con l’obbiettivo ultimo di raggiungere una morale comune definita, netta, imposta. Rincorrendo sogni che non ci appartengono (“Veleno“). Non pensiate però di essere al cospetto di un approccio disfattista, anzi. Il gruppo romagnolo lancia granate nella speranza che l’esplosione funga da scossa per chi ha deciso di vivere la propria vita in maniera inerte, mettendo un cavillo buono per ogni stagione: “si curioso di ciò che non conosci, ma non dimenticare mai. Nel dubbio: spacca tutto!“.