Gringo Goes To Hollywood – Negli Occhi Degli Altri

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C’è questa cosa che molti, sotto sotto, vorrebbero approdare ad Hollywood. Terra di speranze infrante, di mattanze. Di Walk of Fame, o sentieri della fame. Una volta ci andava Frankie. Quello di “Relax”. Incagliandosi nella scena musical di un “Omicidio a Luci Rosse” depalmiano (“relax/don’t do it/when you want to go to it”). Qui ad andarci è invece Gringo. Passo lento, pesante. Nulla a che vedere con la dance, col glamour, con la polvere di stelle. Semmai con la polvere del deserto. Con l’attitudine maschia dello stoner. Perché forse lo stoner è l’ultima (terra di) frontiera che ricordi (da “record”) quel cuore selvaggio. Presente, no? (O anche “presente no”). Led Zeppelin, Black Sabbath, Deep Purple (la roba quella buona). Ma piantiamola col divagare. Parliamo piuttosto dei Gringo Goes To Hollywood, ovvero “l’ennesimo duo alternative rock”, per loro stessa definizione (dalla pagina Facebook). Ennesimo, ma benvenuto.

Il duo viene da Cavi di Lavagna, in provincia di Genova. A comporlo Andrea “Gringo” Guidobono (voce, chitarra, synth) e Davide “Dave” Chioggia (batteria, percussioni, pad, cori). Il riferimento più prossimo (a noi) è quello dei Bud Spencer Blues Explosion di Adriano Viterbini (artista del riff, turnista con Raf). Due su tutti? White Stripes e Black Keys, ovviamente. Già che ci siamo, ci viene anche da citare gli aretini Samcro, meno noti rispetto ai suddetti nomi, ma non per questo da scartare. Addio quintetti, quartetti e trinità. Il numero due sembra il numero vincente. Questioni di coppia, di rock e di blues. Questione di feeling (ma pure di soldi e di praticità, in certi casi). E risuona l’antico adagio, come una preghiera laica: “tutti abbiamo un blues da piangere”. E i GGTH lo piangono qui, nelle sei tracce dell’extended play di debutto. Titolo? “Negli occhi degli altri”.

Non lasciatevi trarre in inganno dai primissimi, synth(est)etici secondi. Non partirà il nuovo “Violator” dei Depeche Mode. Non siamo dalle parti di “Personal Jesus”, bensì di “Falsi Dei”, la traccia che apre il disco. E come apripista fa il suo sporco dovere. Ovvero invogliarci ad ascoltare anche il resto. Riff di pietra, nel senso di Regine dell’Età della Pietra. Una batteria fisica, che ci lascia immaginare la polvere, ancora lei, sollevarsi dal rullante. Per librarsi nell’aria di una cantina di 10mq (dove è stato registrato il disco, supervisionato e masterizzato poi da Raffaele Abbate presso l’Orange Home Records). Un canto che quando c’è da spingere ha Kurt Cobain e Alberto Ferrari appesi alle corde vocali, che tirano. Quasi per dispetto. Come Small Soldiers indemoniati (Ferrari riecheggia soprattutto nei “lei” e nei “sei”). Grazie al cielo i testi sono italiano.  E non subiscono, ma padroneggiano la prosodia del rock.

Ma non è finita qui. Infatti  incontreremo una “Paranoide” che c’entra poco con la celebre angolofona/omonima dei Sabbath. E molto di più con la cover di “Hey Boy Hey Girl” realizzata dai BSBE. E poi la conclusiva “6 p.m”, 8 minuti di esistenzialismo dilatato, esasperato. Si sa, l’inferno sono gli altri. E l’inferno del rock si trova “Negli occhi degli altri”.  Come nelle bocche di chi lo mastica. Occorre, forse, maggiore messa a fuoco. E una dentatura più affilata, per tagliare via le parti superflue. Qualche strofa, o lungaggine di troppo. Ma come sabba di debutto va benone. Per sbilanciarci, aspettiamo il primo album.

Data:
Album:
Gringo Goes To Hollywood - Negli Occhi Degli Altri
Voto:
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