Acquista: | Data di Uscita: | Etichetta: | Sito: | Voto: (da 1 a 5) |
31 Marzo 2017 | Reprise | mastodonrocks.com | ![]() |
“Se tu, o una persona che conosci, hai mai ricevuto una diagnosi di malattia terminale, il primo pensiero va al tempo. Inevitabilmente ti chiedi: quanto tempo mi rimane?”. La riflessione, a cuore aperto, è del batterista dei Mastodon Brann Dailor che, andando a spulciare tra le piaghe del nuovo mostro “Emperor Of Sand”, sembra essere il leitmotiv di tutto il nuovo lavoro. Un concept incentrato sulle vicende di un uomo condannato a morte da un potente Re del deserto, che deve redimersi attraverso una serie di prove.
Corsa conto il tempo, dunque, prima che sopraggiunga la morte. Che puntualmente arriva, impietosa e implacabile, lasciando però trapelare qualcosa di importante da ricercare nelle nuove prospettive di un ‘viaggio’ positivo e inaspettato. Una ‘vita’ diversa, leggera e leggiadra, dopo la morte.
Che sia questa metafora, la chiave di lettura al nuovo album dei Mastodon, risulta difficile da affermare, vista la complessità del lavoro: ipotesi, congetture, riflessioni personali che si aggiungono a quelle di Mr. Dailor. E si agganciano alle parole più pragmatiche, ma non meno incisive, di Troy Sanders: “Stiamo riflettendo sulla mortalità”. Un tema, la caducità della vita, evidentemente di richiamo e di allarme per la band di Atlanta, ormai arrivata a tagliare il traguardo dei 17 anni di attività con questo “Emperor of Sand” – settimo album in studio al netto di live, singoli, Ep e quant’altro.
Dopo il capolavoro “Crack the Skyes” – uno dei tanti, ma sicuramente il più complesso – pubblicato nel 2008, la band ha progressivamente avviato un processo di scarnificazione del proprio songwriting, alleggerendo da un lato la zavorra legata ad una scrittura un pò prolissa e dall’atro arricchendo la stessa di dettagli importanti ma di non facile assimilazione. Brancolando con svariate incertezze (“The Hunter”, 2011) e successivamente cercando di recuperare la pesantezza caratteristica del proprio sound (“One More ‘Round The Sun”, 2014), oggi i Mastodon sono riusciti a ridare nuova vita alla loro creatura.
Durante l’ascolto di Emperor of Sand vi troverete nel bel mezzo di un fiume in piena composto da “verse-chorus-verse” – le rotondità di “Sultan’s Curse“, le melodie di “Show Yourself” –, utilizzati come viatico ad una evidente corposità di fondo– come nell’incalzante maideniana “Precious Stones” o l’Heavy Stoner puntellato di goccioline keyboards in “Steambreather“. Ma non temete, il tutto viene definito da un’attenta definizione in fase di arrangiamento e post produzione, implementata da quella valanga di suoni Heavy classici e melodie Post-Metal anni Novanta à la Faith No More (“Roots Remain“), capaci di fare da corollario al tipico impatto mastodontico.
Mai scordare il passato dunque, del resto la lezione dei grandiosi Neurosis è presente in tutto il lavoro, specie quando Scott Kelly canta in “Scorpion Breath“, o le tastierone Prog pompano e gonfiano la seppur modesta “Clandestiny”. Il loro, è un occhio sempre volto alla modernità, ad una continua ricerca del suono perfetto.
Il cut in fase di produzione è affidato a Brendan O’ Brien, già con Rage Against The Machine e ovviamente Pearl Jam, che li porta a scrivere un pezzo come “Andromeda” con Kevin Sharp dei Brutal Truth – provate ad immaginare le chitarre di Piggy dei Voivod incastrate in un qualsiasi riff classic Metal e ci sarete vicini. Nella conclusiva “Jaguar God” l’inizio semi acustico ci trascina verso una tempesta di sabbia Prog psichedelica, un vero e proprio duello tra le grandissime melodie vocali di Tony Sanders ed il growl di Brent Hinds: mentre le chitarre gemellari si intrecciano, si inseguono, si completano, fino al gran finale.
“Emperor Of Sand” non aspira al capolavoro, ma bensì a comunicare coi propri fans, vecchi e nuovi, attraverso un linguaggio più pacato ma con al suo interno una ricchezza di linguaggio invidiabile. I Mastodon cominciano a sentire probabilmente i colpi di maglio del tempo, e tale cosa porta loro a riflettere sulla caducità delle loro vite e del futuro, ma direi anche che per il momento questa riflessione ci ha regalato ben altro che un semplice pugno di sabbia.




