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10 Marzo 2017 | Elektrohasch Records | colourhaze.de | ![]() |
«Slow life, Rock’n’roll!». E’ forse questa una delle risposte più plausibili alla realtà insaziabile di puttanate che viviamo quotidianamente. Perché quell’accumulo bulimico di cazzi altrui, prima o poi finirà per destabilizzarci. Nulla d’insormontabile, per carità, vista la semplicità con la quale possiamo sconfiggere le tossine; del resto, il vademecum del detox perfetto consiglia un approccio totale alla natura associato ad una buona dose di contenuto artistico, ché poi vi annoiate, tutto il giorno a respirare margherite.
Ne sa qualcosa Stefan Koglek – figura portante del progetto Colour Haze –, che da più di vent’anni sperimenta in quel di Berlino; un esordio il loro che risale al 1995 con l’album Chopping Machine. Il suono prima di tutto, ricercato attraverso l’utilizzo della Jam di gruppo come strumento insostituibile. Qualcosa di grezzo che verrà poi lavorato in maniera spontaneamente organica. Parliamo di Psichedelia dalle tinte Heavy, concepita come tappeto sognante su cui intrecciare tutta una serie di liriche postume, favorite dalle letture e dalle visioni che il buon Stefan fagocita, avido com’è di sapere.
Sono proprio i racconti incentrati sulla composizione di un giardino medievale, quelli alla base del nuovo lavoro “In Her Garden“. Luogo di pace e di riflessione, rappresentava per buona parte dei monasteri dell’epoca un affresco sulla centralità della natura all’interno della vita umana. All’apparenza, ciò che è necessario per la vita e che ne rappresenta il sentire: frutti, ortaggi e fiori (l’olfatto), si dispongono così in modo da porgere il fianco ad infinite interpretazioni, fra cui però non compare quella dell’artista: questo per favorire l’interazione soggettiva da parte dell’ascoltatore.
Non intendono minimamente sobbarcarsi l’onere della predica i Colour Haze, promulgando però un messaggio fortemente positivo. Un modello, quello della band tedesca, ormai divenuto standard irriproducibile per buona parte delle Heavy-Psych band Europee, e che vede nella Elektrohasch Records – di proprietà dello stesso Koglek –, il luogo migliore per esprimersi in libertà.
Sul nuovo lavoro Stefan Koglek (chitarrista, cantante), Philipp Rasthofer (Basso) e il batterista Manfred Merwald, lavorano con Jan Faszbender al sintetizzatore modulare, accrescendo l’impatto Progressive della proposta. Non spaventi dunque l’inclusione di un quartetto d’archi arrangiato da Mathis Nitschke su “Lotus”. In Her Garden trabocca di soluzioni, tanto varie quante sono le specie botaniche. Qualcosa che, come spesso accade con i lavori della band, rende appieno il gusto del perfetto connubio fra le parti strumentali.
Per una volta, spegnete le notifiche e andate dal vostro negoziante di dischi locale; sarà a lui che chiederete il vinile – dalla splendida copertina – di In Her Garden, e solo dopo potrete immergervi nei meandri di un lavoro magistrale. Magari rubando per qualche ora le chiavi della casa di campagna di quel vostro vecchio amico. Non se ne accorgerà, se lo farete all’ora dell’aperitivo.




