Acquista: | Data di Uscita: | Etichetta: | Sito: | Voto: (da 1 a 5) |
1982 | cgd | flaviogiurato.it | ![]() |
Giusto per rispondere al caro vecchio Raf: tante cose sono rimaste di quegli anni ottanta. Una è senza dubbio (almeno per chi scrive) questo stra-vagante e indecifrabile album di Flavio Giurato, ovvero “Il Tuffatore”. Poliritmico, poetico e policromo racconto musicale. La forma-canzone come trampolino, solido. L’acqua sottostante che scroscia di jazz, di etno, di prog. Il disco procede a bracciate irregolari, imprevedibili. Stile libero, furioso. Sole che scotta sulle sdraio. Un dolce morto a galla. Pioggia improvvisa. Circoli sportivi, estive infatuazioni (o molto più che infatuazioni). La Roma bene in vacanza ad Orbetello. Tuffi su tuffi. Schizzi, e frammenti di un discorso amoroso. La voce di Flavio, amico giurato della fantasia messa in musica, è monocorde, svaccata, ma sempre pronta al volo. Dove la tecnica non può arrivare, ci pensa l’interpretazione. Come un Fiumani senza Sassolini sul fondo del fiume. Dalle crepe del canto, il sentimento va in alta marea.
“Amore amore amore/figliola non andare coi cantautori/Amore amore amore/Che poi finisci nelle canzoni/Vorrei volerti avere per ore ed ore/La tua vita pariolina ti ha cresciuto ragazzina/e sei mancata di sicuri appoggi/e sei fuggita nei villaggi/E non ti curi affatto della vita vero ueilà”. Dal brano “Introduzione”.
“Il Tuffatore” è un disco spiazzante, in continuo movimento. Sarà per questo che ancora oggi, e dopo più di trent’anni e chissà quanti ascolti, resta caparbiamente in-esaurito. Ed è sempre un piacere tornare a perdersi fra i flutti delle sue storie. Un innamoramento nato sui campi da tennis. Un matrimonio alle porte. Lui che ama lei, ma lei che sposerà un altro. Povero Simone, che si tuffa nella piscina senz’acqua di un amore impossibile. Dopo una partenza in pompa magna, c’è subito la prima metamorfosi. Un arpeggio di chitarra (non uno solo in realtà) descrive la traiettoria (interrotta) di una storia destinata a finire prima che possa cominciare. Ma ecco che la musica, da questa traccia in poi, si avventura ovunque abbia voglia. Di nuovo, la forma-canzone come un testo aperto, mai precompilato, anch’esso in continuo movimento.
A pensarci meglio, “Il Tuffatore” non è né un disco-trampolino, né un disco acquatico. Piuttosto è un disco sospeso nel vuoto, nell’emozione di andare verso, dopo il salto e prima dell’inizio vero e proprio. Non a caso (oppure sì, a caso) è un disco che vive di incipit meravigliosi e sfuggenti (effimeri diremmo, se non fosse tutto registrato), che lasciano subito spazio ad altre trame. Il tutto va a formare una serie di corpi musicali (quindi di fantasmi, di cui il disco è ectoplasma) non recintabili. Salvo per i tagli di montaggio, per questione magari di minutaggio. Perché infondo di un film si tratta. Diapositive della calda stagione, di andate e ritorni, di amicizie “fra Piazza Euclide e la primissima Toscana”. Politica e Droga sullo sfondo (“La Scuola di Congas”, “Simone”). Pinne di squalo che riaffiorano dall’acqua degli anni sessanta e settanta.
Perché no, un film con Walter Chiari. Qualcuno lo ricorderà scendere la scalinata di Via Ronciglione, a Roma Nord (dove abitava Enrico Berlinguer), scoppiando castagnole nel finale de “Il Giovedì” di Dino Risi. Di certo lo ricorda Fulvio Abbate, che è amico di Flavio Giurato, che è grazie a lui se anni fa, in un video della sua Teledurruti, ho scoperto quest’artista non conforme, questo monotipo (come direbbe Fulvio). Un film di nottate insonni (“è notte di concerto, è notte a Roma”), di telefoni che squillano senza risposta, di macchine nel buio delle strade, di treni ormai perduti, di odori e ricordi “fra le isole e il sale”. Un piano malinconico, di arpeggi e accordi spezzati, accompagna la scena madre. Il libeccio che si abbatte sul campo da gioco. Tutti se ne vanno, gara sospesa. Restano solo lui e lei. O forse resta solo lui, che la guarda andare via.
“E ora ti lascio al tuo sonno che invidio con tanta gelosia/Per quel senso di sicurezza che mostri/Se ti prende sei sua/E mentre la luce è indecisa se rallentare o far presto/Ti ritrovo mai stanca e sempre perfetta fra le isole e il sale”. Dal brano “Valterchiari”.
Il sassofono dell’ex King Crimson Mel Collins chiude il primo tempo del film (il lato A, prima del lato B). “Marcia Nuziale” ha almeno tre falsi finali. Come una storia che proprio non vuole chiudersi. O come un innamorato che fa finta di andarsene, ma poi torna indietro per dirgliene ancora alla sua fiamma. Anche il tenente Colombo fa così, dice sempre “vado via, vado via”, ma poi “ancora un’ultima cosa”. Ecco, Giurato (fratello d’arte di Luca e di Blasco, e “figlio di famiglia”), è uno che conosce il valore del silenzio. Nella musica (tanto spazio è lasciato alle bellissime parti strumentali), e nella sua discografia (più di vent’anni dopo “Marco Polo” del 1984, per tornare con un nuovo album).
Per chi ha cantato “di errori e rovine”, di guerra e fascismo (l’album d’esordio “Per Futili Motivi”) e poi la morte di Pasolini (il brano “La Giulia Bianca”), l’amore non è possesso, non è un contratto. Ma un’ispirazione di libertà e fantasia, come la musica. Un’utopia, certo. Ma l’utopia è una medicina per le anime del mondo, non per il mondo stesso, non in prima battuta almeno.
Si potrebbe scrivere all’infinito di un disco come “Il Tuffatore”. Si potrebbe scrivere all’infinito dei suoi cambi di scenario, delle sue fughe percussive. E poi di loro due, “di Simone e di una sposa”. Dell’incanto che infonde, come un arcobaleno sulla via di casa (“ma non so di chi”, direbbe qualcuno). L’odore della pioggia, dopo un temporale estivo. La visione di lei, fuori da una profumeria del centro. E la rinascita di lui, “L’Acchiappatore dell’Acqua”. La puoi veramente acciuffare? No e no. Ma la puoi amare, eccome. E imparare qualcos’altro, se ne avrai la forza (è raro ma è possibile). Come suggerisce il brano che dà il titolo al disco.
“Volevo essere un tuffatore/che si aggiusta e si prepara di bellezza non comune”
“E ora voglio essere un tuffatore/per rinascere ogni volta dall’acqua all’aria”




