Springsteen, Bruce – Born to Run

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Primavera 1975: Dopo 2 album ben accolti dalla critica ma con scarsi riscontri di vendite il giovane Bruce Springsteen si appresta ad affrontare la prova del fuoco, il suo terzo album sarà quello della consacrazione o segnerà la fine prematura della sua carriera. Inutile dire come è andata a finire visto che ora a distanza di quasi 30 anni Bruce è diventato il Boss ma quella primavera 75 resterà per sempre un ricordo indelebile nella storia del rock. I motivi sono molteplici: per prima cosa con “Born to Run” prende definitivamente forma la E Street Band così come la conosciamo ora e poi naturalmente per il valore assoluto dell’opera in se. Attraverso 8 brani di tiratissimo e sudato rock n’ roll Springsteen dipinge una spaccato di America bel lontano dall’immaginario collettivo, lui canta la fine del sogno americano attraverso le storie di uomini comuni, ma lancia anche un messaggio di speranza portando la ricerca della libertà come bandiera di una generazione stanca e disillusa. Il Boss grida a squarciagola di rompere le catene che ci tengono legati ad una società sporca e corrotta e lo fa in pieno “Watergate”! Se si vuole cercare il perfetto disco rock “Born To Run” ne è uno splendido esempio. In queste 8 canzoni c’è tutto: amore, rabbia, voglia di evadere, grinta e adrenalina da vendere: La band finalmente è completa e da prova di quella potenza sonora che negli anni la renderanno la più grande macchina da rock del pianeta. E poi naturalmente c’è lui il Boss con la sua voce incredibile roca e potente, così vera e contagiosa. Il disco si apre con un classico che diventerà una della canzoni springstiniane più amate di sempre vale a dire “Thunder Road”: 5 minuti di una ballata rock epica e suggestiva, senza ritornello ma con una forza devastante; La prova vocale di Bruce è da lasciare senza fiato mentre gli “E-streeters” pestano come solo loro sanno fare, l’organo e l’armonica introducono il brano che poi si sviluppa in tutta la sua incredibile forza quando entrano la chitarra e il sax di “Big Man” Clarence Clamons – il suo assolo finale è da antologia- supportati dalla precisione chirurgica dietro alle pelli di Max Weinberg. Primo grande capolavoro del disco. Il suono ora diventa più R&B con “Tenth Avenue Freeze-Out”, il sax è protagonista assoluto assieme alla voce a sottolineare la grande amicizia dei Bruce e Clarence, questa canzone dal vivo sarà un vero terremoto rock. “Night” ritorna su sonorità più epiche e drammatiche nella crudezza con cui ritrae la vita quotidiana dell’uomo comune ma anche carica di ottimismo quando individua nella voglia di libertà il vero segreto per sfuggire alle durezze del mondo proletario. Ancora toni epici da far accapponare la pelle con “Bacstreets”: la voce tonante del Boss fende l’aria raccontando una storia di amore e libertà, di privazioni e speranze di due giovani innamorati costretti a confrontarsi con al realtà. La E Street è grande protagonista con il solito Clarence e Little Steven che fa vibrare alla grande le corde della sua chitarra. E’ ora il momento della title track, allacciate forte le cinture perché arriva un ciclone rock di rara potenza; il testo è un vero inno generazionale “Di giorno ci sfoghiamo lungo le strade di un effimero sogno americano. Di notte attraversiamo gloriosi manieri in macchine da suicidio. Usciti dalle bare di cemento verso l’autostrada 9. Su ruote di cromo, motori a iniezione Correndo sulla linea bianca Piccola, questa citta’ ti strappa le ossa da dietro. E’ una trappola mortale, un invito al suicidio. Dobbiamo uscirne fuori finche’ siamo giovani. Perche’ i vagabondi come noi, piccola sono nati per correre.” La sola parola suicidio scatenò una valanga di critiche da parte dei ben pensanti che in queste parole subivano un’attacco frontale come poche volte era capitato in passato. Il Boss si erge come ultimo eroe rock sfidando , e battendo, la censura statunitense. Ancora un capolavoro immortale. Si prosegue con “She’s The One” altra ballata potente e trascinante, il piano di Roy Bittan che stende il suo tappeto sonoro per le sferragliate assassine di sax e chitarra. “Meeting Aacross the River” è lenta e riflessiva, la voce è sofferta mentre in lontananza il sax e il piano accompagnano la canzone che racconta l’appuntamento di due giovani con un destino forse tragico ma che loro vedono come unica possibilità per cambiare una vita vuota e grigia. Il disco si chiude con “Jungleland” un’altra canzone manifesto di Springsteen, Big Man al sax fa meraviglie mentre la voce sempre calda e potente di Bruce ci racconta l’ultima grande piccola storia di ragazzi comuni che si sentono in trappola nella”giungla d’asfalto”.
Born to Run è uno di quei rari dischi che fanno vibrare ogni anima rock, uno sequenza di classici davvero impressionante per la loro cruda bellezza.