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R.L Burnside è stato il più grande innovatore che il blues ha conosciuto negli ultimi 20 anni; i suoi dischi degli anni ’90 con la Fat Possum sono una pietra miliare del genere, hanno preso la tradizione down home e l’hanno portata direttamente sulla luna. Nonostante sia ormai ben oltre la settantina il suo nome ha iniziato a circolare solo negli anni ’90 quando si è posto all’attenzione generale con lavori come “Too Bad Jim” e “Ass Pocket of Whiskey” realizzato con la Jon Spencer Blues Explosion. In questi album egli proponeva un blues distorto, quasi umoristico ma sempre fedele alla più vera tradizione del delta. Da quel momento in poi grazie a lui la Fat Possum ha iniziato lanciare artisti simili nella concezione come Cedell Davis e l’amico d’infanzia di Burnside il mai troppo rimpianto Junior Kimbrough. Questo disco ci ripropone la prima session che Robert Lee ( questo il suo nome) aveva registrato nel lontano 1968 per la Arhoolie. Si tratta di 14 pezzi (tutti dei traditional) eseguiti dal bluesman del Mississippi solo la chitarra acustica e la voce. Una versione inedita di Burnside che però non snatura la sua anima di grande innovatore. Troviamo così la favolosa “Goin’ Down South” ,che negli anni diverrà il suo cavallo di battaglia, eseguita con un magistrale fingerpicking e che non ha nulla da invidiare alla sua versione elettrificata in quanto a carica ipnotica. Magnifica anche “Little Babe” in cui R.L percuote la cassa della chitarra per accompagnarsi proprio come faceva il grande Charlie Patton. La voce di Burnside è calda ed espressiva come sempre e ne abbiamo una splendida riprova in “Rullin’ and Tublin’” dove guida alla grande il ritmo ipnotico del celebre brano proprio come fa ne gai citata “Goin’ Down South”, oppure nella meravigliosa “Jumper on the Line” in cui il suo grido di dolore ricorda gli antichi holler. In tutti i brani si nota la sua splendida padronanza dello strumento sia nel fingerpicking che alla slide come in “Walkin Blues” dove sa far gridare le corde in modo sensazionale dimostrando anche un certo virtuosismo di fondo esaltato dall’uso di accordatura aperta. Non ho informazioni al riguardo ma dal suono deduco che probabilmente al posto del classico bottleneck Robert Lee si fosse affidato alla lama del coltello come slide. Ogni singola song di questo album è un piccolo gioiello di tecnica e passione, Burnside rilegge i brani della tradizione con grande rispetto e amore senza però rinunciare al suo spirito di grande innovatore che evidentemente era gia forte in quel lontano 1968. Due parole anche sulla qualità della registrazione che è davvero eccelsa, queste canzoni non dimostrano affatto i loro 35 anni e se non fosse per la voce chiaramente più giovanile di R.L. mi verrebbe da dire che siano state registrate quest’anno tanta e tale è al pulizia del suono. Per concludere posso affermare che con questo album Burnside si dimostra ancora una volta un artista splendido e completo, in grado di padroneggiare in modo perfetto ogni tecnica e stile del blues del Delta, un musicista incredibile che nulla ha da invidiare ai suoi più noti conterranei. Monumentale.