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Molti conoscono e hanno provato sulle proprie orecchie la maestria di Fredrik Thornendal dei Meshuggah, uno dei migliori chitarristi metal presenti attualmente sulla scena, impostisi definitivamente con quel capolavoro a nome “Nothing”. Ma forse non tutti sanno che il nostro geniaccio ha composto un notevole album solista intitolato “Sol Niger Within”, che ha molto influenzato la band nel suo ultimo capolavoro.
Il nostro compie praticamente tutto il lavoro, suonando tutti gli strumenti, lasciando solo alcune vocals a Jonas Haake, le tastiere a Mats Oberg e il sassofono (oh yeah!) al jazzista svedese Jonas Knutsson. Avrete già intuito che quest’album riesce addirittura ad essere più estremo di quanto fatto da Fredrik col suo gruppo.
Classificare quest’album è impossibile, ma il nostro riesce nell’impresa di unire il mitico, massicio sound del suo gruppo a sonorità jazz in modo molto cynico ammiccando anche a un velocissimo grindcore in stile Nasum. Credo che a molti basterebbe questa piccola descrizione per farsi venire l’acquolina in bocca e mettersi immediatamente alla ricerca di quest’album.
Ciò che può far desistere dall’ascolto è un solo fattore: i ventinove “momenti” di quest’album – dalla lunghezza variabile – sono compressi in un’unica traccia! Una scelta che può effettivamente far storcere il naso ma che ritengo abbia le sue validissime motivazioni: Thornendal ha costruito un percorso minuzioso lungo il quale vuole farci viaggiare per i 40 minuti circa dell’album, facendoci esplorare momenti ora agghiaccianti – grazie a uno stridente organo da chiesa – ora suggestivi (l’eccellente sax di Knutsson), ora semplicemente esaltanti e potenti grazie alla sua mitica chitarra (allora non era ancora la mitica 8 corde artigianale di “Nothing”, ma che meraviglia…). Un percorso che deve essere fatto completamente, come in una sorta di fantascientifico luna park musicale: “non vorrete mica scendere dalle montagne russe a metà percorso?” potrebbe risponderci Fredrik se gli chiedessimo il perché della traccia unica.
In ogni caso, i già citati ventinove momenti sono come dei frammenti perfetti (in alcunie casi evri e propri aforismi tratti da Dante, Wild, Beckett e filosofi Zen) racchiusi in sé ma magistralmente collegati l’uno con l’altro lungo, quasi a formare un lungo concept progressive. Analizzare ogni singolo pezzo in sé è quindi impossibile, riteniamo che andrebbe contro le stesse intenzioni dell’autore, possiamo solo darvi una valutazione complessiva dell’album, che è un piccolo capolavoro di metal sperimentale che farà la gioia dei palati più fini, i quali difficilmente resteranno delusi da un album che difficilmente finirà di stupire l’ascoltatore.
A questo punto… prendere o lasciare!
N.B. – riportiamo in seguito i ventinove “momenti” come sono elencati da booklet.