Ormai da un paio d’anni a questa parte stiamo assistendo ad una sorta di rock revival: giovani gruppi che traggono direttamente ispirazione dai ”mostri sacri” del rock anni ’70 come Rolling Stones, Who, Led Zeppelin, ispirandosi a loro in tutto e per tutto; partendo dalla musica per giungere all’abbigliamento. I Jet , australiani di origine, fanno parte di questa nutrita schiera di band revival e hanno ottenuto un grande successo commerciale con il loro album d’esordio “Get Born” :un disco tutto sommato gradevole che mette in mostra anche delle buone qualità. Con queste premesse mi accingo ad assistere al loro concerto al “Transilvania Live” di Milano. Il locale, non molto grande, è quasi tutto esaurito a dimostrazione del grosso impatto che i rocker (?) australiani hanno avuto nella nostra penisola, complice una pubblicità che come base adotta il singolo cardine del disco ,” Are You Gonna Be My Girl”, e la trasmissione continua del suddetto video da parte dei media musicali. Personalmente ho una formazione musicale di vecchio stampo: per me la vera grandezza di una band si vede sul palco dove un gruppo non si deve limitare a suonare pari pari le canzoni del disco ma deve anche metterci del suo; lo studio è ingannevole, al giorno d’oggi con la tecnologia esistente è assai facile fare un disco che “suoni bene” ma grazie a Dio sul palco devi ancora aver qualcosa da dire per poter fare un bel concerto. Se sei solo una macchietta commerciale il live, quasi sempre, ti smaschera impietosamente. Premesso quale sarà il mio metro di giudizio vediamo ora come si sono comportati i 4 australiani. Vado subito alle conclusioni: male, non mi sono piaciuti per nulla. Innanzi tutto dal vivo lo scopiazzamento selvaggio che fanno di Who e AC\DC suona ancora più evidente che in studio. La band sale sul palco alle 22,10 precise e subito il cantante e chitarrista Nic Cester si esibisce nel celebre attacco a mulinello di Pete Townsed, tanto per far capire a tutti a chi si ispirano. Alle 23,10 in punto i nostri salutano e se ne vanno, nel mezzo ci sono le 13 canzoni che compongno il loro album Get Born, vediamo un po’ come le hanno suonate: Il singolo scalaclassifiche “Are You Gonna Be My Girl” in versione live risulta essere una mera copia di “My Generation” degli Who, altri brani come ad esempio “Last Chance” cantata in coppia dai fratelli Chris e Nic, con il primo occasionalmente nella veste di prima voce,ripropongono pari pari i riff che hanno reso celebri Angus e soci ma in generale il tutto suona come già sentito; alcune canzoni addirittura sembrano essere l’una la copia dell’altra (ascoltate “Take It or Leave It” e la già citata “Are you gonna..”,hanno lo stesso identico riff di chitarra solo camuffato). Ci aggiungo che in qualche occasione i nostri si sono letteralmente persi per strada come in occasione di “Get Me Out of Here” dove il finale strumentale risulta essere un vero pasticcio con chitarre e basso che si ostacolano a vicenda e la batteria che se ne va per i fatti suoi. Se voleva essere un tentativo di jam beh è venuto davvero male. In generale poi non si capisce il perché della presenza del chitarrista Cameron Muncey, il quale in tutta la serata tenta 3 (tre) assoli di numero e li sbaglia tutti in modo a dir poco grossolano: prova pure a cantare in un brano (il terzo della serata) ma anche in questo caso non si copre certo di gloria. Magari è stata solo una serata sfortunata per lui ma se devo giudicare per quel che ho visto la bocciatura è senza appello. Per carità c’è anche del buono comunque. Ad esempio la sezione ritmica composta da Chris Cester (batteria) e Mark Wilson (basso) risulta affiatata e spesso rimedia agli errori delle chitarre. Il buon Mark è dotato anche di una buona presenza scenica, sa tenere egregiamente il palco ma troppo spesso viene danneggiato dai continui svarioni al mixer. Il suo basso o è troppo basso o troppo alto come in occasione della ballata “Look What Have You Done” ,ma nonostante tutto il nostro non si perde d’animo. Tra le note positive c’è anche il frontman Nic Cester il quale è dotato di una buona voce rock e di un certa personalità. Quello che manca alla band in sostanza sono le canzoni e un chitarrista degno di questo nome. I nostri però guadagnano dei punti quando prima di iniziare il primo bis , la ballata acustica “Move On”, individuano tra il pubblico un ragazzo che si era portato appresso la sua armonica e lo invitano a salire sul palco con loro. Il giovane fan sbuffa con passione nel suo piccolo strumento tra il divertimento generale guadagnandosi i meritati applausi del resto del pubblico. Un bel siparietto che fa guadagnare dei punti ai ragazzi australiani ma che non basta per capovolgere il mio giudizio sulla serata: innanzi tutto 1 ora di concerto è troppo poco, ok che il repertorio è quello che è ma esistono anche le cover se si vuole far durare di più uno spettacolo e soprattutto se si ha voglia di suonare. In generale comunque l’esecuzione dei brani è stata abbastanza scolastica senza nessun colpo di coda e con qualche errore davvero marcato. Troppo poco per chi si ripromette di calcare le orme di chi la storia del rock l’ha fatta, e continua a farla, davvero.
le foto presenti non si riferiscono alla data recensita