Devics – The stars at saint Andrea

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E’ notte, ma una notte particolare, di quelle in cui non riesci a dormire e ti metti a fissare un punto senza ragione, qualcosa di terribilmente caldo ti passa tra le vene e accende una luce di un rosso intenso in mezzo alla camera, la musica arriva vellutata, un brivido. Una voce femminile di fissa con degli occhi straordinariamente belli, i bassi vibrano da far tremare la stanza e tu resti immobile pregando che questo momento non finisca mai. Pensi per un attimo alle stelle, quelle stelle che stanno sopra di te e che sono le stesse che brillano sopra Sant’Andrea, che forse è a qualche kilometro da te.. E’ notte e tutte queste emozioni ti sono regalate dai Devics di Sara Lov con “the stars at Saint Andrea”, un disco tremendamente bello, di quelli che scavano dentro i tuoi pensieri, contro i quali non si può fare nulla se non lasciarsi trasportare. Ed è proprio la prima traccia che ci trasporta in una nuova dimensione, come ci suggerisce il video, sembra di essere su una strada a notte fonda, la macchina sfreccia veloce, “nessuno ti conosce realmente per come sei” è il pensiero che ci passa per la testa e continuiamo a correre e le luci delle insegne si confondono tra loro, creano ibridi strani fino a che nel cielo il sospirato “red morning” compare e ti perdi per ritrovarti nella melodia color porpora di “don’t take it away”. E se per caso ti svegli di soprassalto e scopri che stavi sognando ti ritrova immerso in “in your room” che profuma quasi di calexico, dove l’elettronica si trova a sedurre una chitarra classica e le voci maschile e femminile si intrecciano fino a sfociare nella semplice e lenta “my true love” che ti trasporta verso una dimensione quasi claustrofobica e dilatata, in un crescere di note. In “all your beautiful trees” Sara Lov strizza dolcemente l’occhio alla Pj Harvey più romantica e meno rock, mentre in “the end and the beginning” dà la sensazione di essere quasi una delle muse ispiratrici dei Radio Dept. “Safer shores” sembra un canto da una parte disperato e dall’altra arreso al destino, ed è subito seguita da “connected by a string” sospesa tra le note di un carillion e quelle di un piano, decandente e perfetta nella sua malinconia, “the same stars above us but miles in between” canta con voce struggente. “Stretch out your arms” è una ninna nanna calma che ci prepara per “ending”, per il momento della separazione. Il disco finisce l’aria sembra un pò più pesante, un pò più cupa, il fantasma dei Portishead aleggia per la camera e tutto assume un’ombra surreale. Struggente e dalle atmosfere tristi e personali, un disco che si insinua in profondità, quei bassi che rimbombavano continueranno a pulsare anche dopo quando il silenzio si impadronirà del cielo e le stelle di sant Andrea appariranno sempre più belle.