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Intendo fin da subito scusarmi con coloro che leggeranno queste righe, per il loro piglio eccessivamente personalistico o soggettivo: ma quando risento la voce di Piero Pelù l’emozione che provo è la stessa di qualche anno fa quando per la prima volta lo udii gorgheggiare versi esaltanti attraverso una gracchiante registrazione di “El Diablo” che un mio amico mi aveva duplicato su cassetta. Di lì in poi i Litfiba sarebbero stati il mio gruppo-faro, battistrada di quell’avventura educativa del rock che ancora oggi mi accompagna, sebbene su lidi diversi.
Del resto, che piaccia o meno, attraverso la voce di quest’uomo dall’attitudine scimmiesca sono state sfogliate alcune delle pagine più belle della storia della musica alternativa italiana, in particolare quelle che per la band fiorentina vanno dagli anni ’80 (e la militanza underground) al rock d’autore della prima metà dei ’90. Da “Mondi Sommersi” in poi però, qualche cosa cambierà: il pop-elettronico di “Regina di Cuori” innalza le vendite ma fa scemare il livello artistico generale. Dopo quel polpettone mieloso che fu “Infinito” (1999) la premiata ditta Renzulli-Pelù chiuse, a ragione, i battenti sguinzagliando dei Litfiba che di Litfiba avevano solo il nome e la chitarra, e il nostro Pelù solista, fino ad ieri autore di due sole incerte prove.
Questo “Soggetti Smarriti” segue di un anno e qualche mese “U.D.S.”, secondo capitolo discografico targato Pelù, che già aveva rappresentato un passo in avanti rispetto allo scialbo esordio solista. Abbandonate le tendenze patchankose e i testi a mo’ di slogan da piazza dell’album precedente, Piero si concentra sulle melodie creando un disco più intimista che mostra qualche falla compositiva qua e là ma che accetta (sicuramente più dei predecessori) la crescita del proprio autore. Il Pelù di oggi non è più quello infervorato e cattivo che cantava “…il paradiso è una grassa bugia…” sulla mia vecchia cassettina, e questo è assolutamente un peccato. Ma se continuare a muoversi sulla scia del passato significa andare a petto nudo stonando mid-tempo scadenti e a tratti ridicoli come “Soddisfazioni” piuttosto che “Anima Animale”, allora ben venga l’introspettivo Piero di “Dea Musica”, “Esco O Resto” e anche del pop d’autore di “Prendimi Così”, primo singolo estratto. Non a caso le cose migliori di questo lavoro traspaiono proprio dalle canzoni più lente, e, a differenza di prima, il confronto con il passato non è più ricercato attraverso improbabili rock radiofonici ( “Bene Bene, Male Male”, “Toro Loco” ) o ballatone-tormentone quali “L’amore Immaginato” e “Buongiorno Mattina” che strizzino l’occhio ai fans di “Infinito”. La collaborazione con Gianni Maroccolo, primo storico bassista della band fiorentina e ora membro dei P.G.R. di Ferretti, dà alla luce un brillante esempio di cantautorato acustico fino ad ora assente nella produzione musicale del nostro.
Insomma, si viaggia attraverso le undici tracce di questo disco in maniera piacevole e tranquilla, con qualche svarione qua e là, ma concludendo di trovarsi di fronte un discreto lavoro che potrebbe mettere le basi per una promettente svolta futura: salvo poi imbattersi in un riarrangiamento mozzafiato come quello di “Re del Silenzio” (per altro una delle più belle canzoni dei Litfiba di sempre) che ti copre di nostalgia e di rimpianto per le doti che, sebbene ancora nelle mani di questo personaggio, probabilmente non verranno mai più sfruttate.