Acquista: | Data di Uscita: | Etichetta: | Sito: | Voto: |
Torna Steven Wilson, ma non si tratta del nuovo album dei Porcupine Tree, piuttosto di un suo ennesimo side project. Come ho avuto modo di precisare in occasione della recensione dell’ultimo album dei No-man, la definizione side project potrebbe far pensare ad un qualcosa di secondario e per questo meno interessante; ma se questo può essere vero per la stragrande maggioranza degli artisti che si cimentano in prove discografiche lontano dalle bands madri, per Steven Wilson la faccenda è assai diversa. Ma passiamo al disco. “Blackfield” è frutto della collaborazione tra Wilson e il cantautore israeliano Aviv Geffen, rimasto così estasiato dai lavori dei Porcupine Tree tanto da invitarli in Israele per una serie di concerti da lui promossi. Successivamente i due si trovano in studio ad intervalli più o meno regolari per dar vita ad alcune composizioni il cui risultato, contenuto in questo album d’esordio, non è completamente distante dallo stile di certe canzoni dei Porcupine Tree degli ultimi album; mi riferisco più precisamente agli episodi meno intricati strutturalmente, ma non per questo carenti d’effetto, come ad esempio “Shesmovedon”, “Trains”, “The sound of Muzak”. Sebbene manchino del tutto le affascinanti esplorazioni a cui Steven Wilson ci ha sempre abituato e nonostante un evidente senso di dejà vu che aleggia in gran parte del disco – ma qualcuno potrebbe rivendicare in questo, e non a torto, l’essenza dello stile di Wilson – è innegabile che le composizioni siano tutte estremamente emozionanti e riuscitissime. Molti gli episodi in cui sono presenti contrasti tra parti soft ad altre maggiormente ruvide dal vago sapore orientale come nell’opener “Open mind” o nella più oscura “Cloudy now”, mentre ho trovato particolarmente godibili le composizioni firmate da Geffen, vale a dire “Pain” e “The hole in me”, originali e molto ispirate nella ricerca melodica e nell’intreccio vocale. Wilson dal far suo firma una delle sue più belle ballate gotiche in “Blackfield”. Motivo di grande interesse è la presenza sia di Gavin Harrison e Chris Maitland che si alternano dietro le pelli. Da questo virtuale ed improbabile scontro sembra uscire vittorioso Maitland, autore di una prova maggiormente fantasiosa e personale, mentre Harrison si limita a fare il classico “compitino”. Concludendo, un disco di grandi canzoni, lineari, ispirate, dove risplende ancora una volta tutta la luce di Steven Wilson, vera guida artistica non solo dei Porcupine Tree ma di molte altre compagini che lo hanno visto in questi anni in cabina di regia e che hanno reso il nostro uno dei musicicisti/produttori più richiesti, geniali ed influenti degli ultimi 10 anni.
N.B. La copia di “Blackfield” in mio possesso è la versione europea uscita di recente, con ulteriore cd contenente 3 bonus track e il video di “Blackfield”, che nulla toglie e nulla aggiunge ad un lavoro formalmente perfetto. Da notare che rispetto alla copia uscita l’anno scorso in Israele, alcune versioni per l’edizione europea sono state ri-editate, remixate e in qualche caso risuonate.
Autore: Giuseppe Menale
L’eleganza e la raffinatezza di questo lavoro gia’ traspare non appena si ha tra le mani la confezione: cartoncino a portafoglio diviso in tre sezioni, il CD audio e un CD contenente tre bonus tracks audio e un video. Di stampo chiaramente “wilsoniana” anche la grafica sobria nella sua calda cupezza: una bottiglia parzialmente confusa, come in una stampa mal riuscita, con un’etichetta corrosa, nebbia e bianco e nero; elegante e raffinata come la musica che contiene, ennesimo colpo riuscito, ennesima collaborazione di quel mostro musicale che e’ Steve, quel Wilson che e’ “Porcupine”, ma a cui oggi la sua creatura sta stretta, le sue collaborazioni, i suoi interventi nei lavori dei grandi del momento non si contano piu’. Blackfield nasce dalla sua collaborazione con Aviv Geffen, notissimo compositore e cantante israeliano con dentro sentimenti musicali anglosassoni che gia’ ha avuto un contatto con il Porcospino come backing vocal in Pain e in The Hole in Me di quel capolavoro che e’ In Absentia . Eleganza, raffinatezza, liricita’, antiche sonorita’ modernizzate, dieci brani che possono essere parzialmente ricondotti al periodo Lightbulb Sun del Porcospino. Momenti dolcissimi e tristissimi si alternato ad atmosfere ipnotiche tipiche del miglior Wilson, una “mano” che si riconosce subito, tanto e’ forte la sua capacita’ di rendere la meglio sensazioni e sentimenti che scorrono dentro l’animo. Tutti i brani hanno una valenza propria, ma sopra tutti vanno citate tre perle: il brano di apertura Open Mind, con l’iniziale arpeggio di Steve che accompagna la sua voce, particolarmente melodiosa, subito supportata da Geffen in secondo piano che poi apre allo sviluppo duro del sound. L’eleganza e’ sublime, sembra di ammirare un gioiello cesellato nei minimi particolari; le voci si rincorrono, sorrette da momenti delicati e da maestose aperture sinfoniche. Magnificamente strutturato, e’ un brano da pelle d’oca. Ma pensare che siamo arrivati gia’ al massimo e’ un errore, subito le note di piano di Geffen, poche, precise e ben armonizzate, subito la chitarra acustica di Wilson ed ecco Blackfield, il brano omonimo, creatura di Wilson, che potrebbe tranquillamente essere un brano dei migliori Porcupine, la voce di Wilson che si distende perfettamente sul tappeto armonico di questo splendido brano, dolce, triste e allo stesso tempo pieno di speranza. Favolosa la composizione, ancor di piu’ l’arrangiamento, la melodia e’ accattivante, trasporta e coinvolge, quattro minuti di sogno che sfumano in un finale che dal vivo certamente puo’ essere dilatato in un assolo di chitarra che solo chi conosce bene il Porcospino puo’ ben immaginare e quasi gia’ ascoltare. La terza perla e’ Hello, che chiude il primo CD, piano e voce di Geffen, introducono il brano che si sviluppa in un’atmosfera tipicamente floydiana, dolce e sognante, che si conclude con uno stupendo, brevissimo, assolo.
Cosa ha potuto legare cosi’ fortemente un londinese purosangue con un israeliano di Tel Aviv? Ascoltate questo Blackfiled e ve ne renderete conto; questa perfetta sinergia tra due grandi artisti, grandissimi compositori, eccezionali musicisti, ci ha regalato un’ altro splendido momento d’arte che solo la musica puo’ dare.