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Lavori come “Zero db” dei perugini Radioattiva – risalente al 2002, pertanto fotografia poco fedele del sound che potrebbero avere oggi – rappresentano il classico incubo per lo sventurato recensore che si vuole cimentare in una accurata analisi. I Radioattiva si dimostrano abili arrangiatori, musicisti dotati e competenti produttori, e il tocco elettronico che contamina il rock solare dei loro brani è, in sé, il marchio di fabbrica nonché il pregio più evidente che emerge. Un lavoro che non ha formalmente difetti, ogni cosa sembra essere al suo posto, i suoni sono davvero ben curati, e l’esecuzioni in genere sono veramente ben fatte. Non mancano momenti di fine arrangiamento, sempre di stampo elettronico, come nella frizzante “Lego”. Detto questo, ecco sopraggiungere i problemi per chi scrive, non tanto perché non si vuole mettere in luce gli eventuali ed inevitabili difetti di una band emergente, quanto perché i mezzi messi in mostra sono realmente buoni, e dispiace dover notare gli aspetti che vado ad esporre di seguito . L’impressione è che a conti fatti manchi un po’ d’anima, un po’ di sofferenza, un po’ di sudore, e che sia presente in dose massiccia un sound forzatamente “sintetico”, quasi di plastica. Forse l’atmosfera “asettica” riscontrata nelle quattro composizioni del cd, è un qualcosa che i Radioattiva hanno ben calcolato, qualcosa che ricercano volutamente nel loro sound, ma ho paura che tale ricerca, portata avanti in questo modo, risulti inopportuna, dato che si fa piuttosto evidente una natura smaccatamente pop, sebbene elegante e curata, in composizioni come “Forza di Gravità”, segno inequivocabile che la loro proposta è direzionata verso un pubblico giovane e poco interessato alle avanguardie. Pertanto nei Radioattiva emerge spesso una sorta di antitesi stilistica, una polemica tra un’anima ruffiana ed un’altra maggiormente interessata alla sperimentazione, le quali hanno convissuto bene solo in rarissimi casi nella storia del rock. E volendo ragionare in grande, se non ricordo male, solo i Depeche Mode e gli Air, con le dovute differenze stilistiche e le ovvie proporzioni, sono riusciti nell’impresa di far coesistere queste due caratteristiche contraddittorie. L’elettronica a volte costringe a delle scelte: o si punta sul pop, o si punta sulla sperimentazione. Al momento questi due elementi sono eccessivamente in collisione, tanto da dare l’impressione che uno monti sopra l’altro, confondendo l’ascoltatore.
In più vi è un aspetto non meno importante da considerare, vale a dire l’operato del cantante, che rappresenta il vero biglietto da visita determinante quando ci si presenta presso le case discografiche. Se da una parte il singer si dimostra impeccabile da un punto di vista tecnico, dall’altra nella sua prestazione affiora il solito difetto che affligge una marea di bands italiane, ovvero che i cantanti italiani cantano quasi tutti in modo uguale e monocorde, troppo impostati e fin troppo figli dei modelli delle rock bands italiane degli anni 80/90, e con linee vocali poco incisive.
Se posso permettermi di dare un consiglio ai Radioattiva, cercherei per il prossimo lavoro, di puntare meno sull’eleganza formale e di più sulla ricerca di una proposta meglio articolata sugli aspetti melodici principali, nonché sull’ individuazione di una direzione stilistica ben definita, orientata verso lidi o più sperimentali o più convenzionali.La stoffa c’è, l’abilità pure. Spero di risentire presto qualcosa di più incisivo ed omogeneo.