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Anche l’Italia tenta di prendere la sua rivincita all’estero, e in qualche modo sembra riuscirci, dopo quei lontani anni ’80 nei quali la PFM faceva breccia nel mercato americano ottenendo una piccola storia a sè nulle produzioni italiane per l’estero.
Per la Rykodisk esce la versione inglese di “Dove Sei Tu”, l’album che nel 2003 ha fatto conoscere Cristinà Donà al grande pubblico italiano, sotto la supervisione di Davey Ray Moor e Robert Wyatt, storico batterista inglese dei Soft Machine.
L’album non è solamente una riproposizione per il mercato estero (la cui distribuzione tocca ben 33 paesi del mondo), ma è segnato da un profondo lavoro di riadattamento dei testi che danno quasi nuova vita a pezzi che già avevano un’espressività travolgente. Il lavoro mette l’accento sul ruolo che la Donà ha sempre dato alle parole nelle sue canzoni, cioè di grande spessore comunicativo; per questo motivo molti arrangiamenti vengono leggermente modificati, per dare spazio a quelle parole che, nella lingua inglese, non perdono nessuna di quella dignità che verrebbe spontaneo pensare confrontandole con le versioni italiane di casa Mescal: chi non la conosce, quindi, rimarrà sorpreso dalla versatilità, dalla delicatezza e dall’approccio melodico della cantante milanese. Pezzi come “Milly’s Song” o “Yesterday’s Film” penetrano direttamente l’ascoltatore traghettandolo verso mondi onirici, mentre “Triathlon” (di nuovo in duetto con Samuel dei Subsonica) o “Truman Show” riescono a mantenere quell’energia senza diventare anonimi pezzi rock in lingua sconosciuta. Doveroso segnalare la bellissima e romantica cover di “How deep is your love” dei Bee Gees e l’ormai classica (per chi la segue da tempo) versione di “Goccia”, in duetto con Wyatt: da brividi.
Disco che però nulla toglie e nulla aggiunge al lavoro dell’artista e quindi oggetto per appassionati o al massimo curiosi, come prima dicevamo nella recensione: in fondo un disco per chi la Donà non la conosce; i migliori auguri per l’esperienza estera e una speranza (o consapevolezza, visti già i risultati di vari concerti londinesi) in più per la musica italiana, che per una volta non sia Pavarotti o Laura Pausini.