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Il tempo passa per tutti purtroppo, anche per i giganti della musica come Johnny Winter. Penso sia inutile ripetere quanto questo straordinario musicista abbia dato al blues, partendo dal fulminante esordio del 1968 fino al periodo con Muddy Waters e anche di recente negli anni ’90, quelli del ritorno al blues dopo la parentesi rock, con grandi dischi come “Let Me In”. Johnny non è vecchissimo ma i tanti, troppi, anni di abusi e di una vita tirata sempre allo spasmo, proprio come le corde della sua chitarra, ne hanno minato profondamente il fisico. Chi lo ha visto di recente dal vivo avrà notato come il nostro sia ormai segnato nel fisico, quasi cieco, traballante. Certo le mani sono sempre magiche ma la voce ha perso forza. Nonostante questo il buon Johnny non demorde e pubblica un nuovo disco che è una vera dichiarazione d’amore per la musica che da sempre lo ha accompagnato, e di quale è maestro assoluto. “I’m a Bluesman “ non è un disco brutto ma non è nemmeno un album memorabile, dignitoso è il termine che maggiormente si addice a questo lavoro. Winter se la cava grazie alla sua infinita classe, a molta esperienza e ad una band solida ed efficace, dove su tutti spicca l’ottimo armonicista James Montgomery. Con questi ingredienti il nostro snocciola 13 blues secchi e tirati, nulla di trascendentale intendiamoci, ma comunque abbastanza per farsi apprezzare. Il problema maggiore rimane la voce, che sembra sempre più stanca, e una certa mancanza di fantasia. Qualche colpo di coda non manca e in certi brani Johnny sembra ritornare quello di un tempo. I migliori a mio avviso sono l’acustica e solitaria “That Wouldn’t Satisfy” un bel delta blues con la slide che graffia come si deve. Ottima anche “Lone Wolf” un rockblues alla slide incendiario e tirato come ai bei tempi con tanto di urlo di ordinanza e ululato. Bella anche la conclusiva “Let’s Start All Over Again” un classico Chicago in sol-si, che riporta alla mente i gloriosi anni con re Muddy, con Montgmoery che ci delizia di uno favoloso assolo di armonica. Bello anche il lungo slow di “Monkey Song”. In altri brani Johnny tende ad annacquare il suo blues come, ad esempio, nel caso di “Cheatin’ Blues” e ancora di più in “I Smell Smoke”. Di ordinanza ma gradevoli sono invece “So Much Love” e “Shake Down” anche se in quest’ultima la grande prova chitarristica dell’albino fa dimenticare una certa banalità di fondo.
Johnny Winter è stato uno dei grandissimi del blues più elettrico e sanguigno, lui è stato uno di quelli la strada l’hanno tracciata non uno che l’ha seguita. Ora alla fine della carriera ha perso molto del furore che lo contraddistingueva ma è ancora capace di regalare grandi canzoni. Ad essere onesti in questo “I’m a Bluesman” i pezzi davvero notevoli sono pochi ma il livello generale è comunque buono. Winter ama questa musica e si sente, forse è proprio questo suo immenso amore che risolleva le sorti di un disco che alla fine risulta solamente buono, buono ed onesto ma nulla di più. Viste le sue condizioni di salute comunque mi sembra che sia già molto.