Supertramp – Crisis? What Crisis?

Acquista: Data di Uscita: Etichetta: Sito: Voto:

Parlando con un amico, si osservava come il sound dei Supertramp fosse uno di quegli esempi di rock più “invecchiato” arrivatoci dagli anni 70. La concezione stilistica dei Supertramp è essenzialmente figlia di quegli anni, il modo in cui si presenta è veramente una fotografia spazio temporale di quei tempi. Questo non deve essere inteso come una caratteristica negativa, un gruppo rock non deve necessariamente avere virtù pionieristiche nei propri intenti. A tal riguardo mi fa piacere sottolineare che a parte questo i Supertramp presentarono all’epoca un esempio di rock unico, variegato e lontano dagli stilemi in voga ma al contempo molto accessibile nei risultati e difficile da classificare in un sottogenere. Una formula piacevole, senz’altro inusuale nei ruoli come avremo modo di vedere, a tratti colta, fine e di buon gusto, strutturata sul solare pianoforte di Rick Davies e sugli intrecci vocali dello stesso Davies e Roger Hodgson, quest’ultimo affascinato dalle possibilità del falsetto. Il marchio di fabbrica del suono dei Supertramp è appunto il contrasto tra la voce più bluesy di Davies e quella più delicata e armoniosa di Hodgson, appoggiate su ricami ritmici essenziali ma efficaci che facevano da sfondo al notturno sax di John A. Hallywell – il quale nei Supertramp ricopriva il ruolo che nei gruppi rock convenzionali aveva il chitarrista solista – e al già menzionato pianoforte di Davies che è difficile ricondurre in un contesto stilistico unico, poiché spaziava dal Rhythm & Blues, al soul, fino alle forme più fini di rock (leggasi progressive). Tutto questo produceva un risultato stilistico particolarissimo, ovvero il repentino e sovente cambio di umore, che passava da atmosfere spensierate e leggere ad altre più malinconiche e colte, senza per questo risultare poco organici, rimanendo anzi nelle coordinate stilistiche da loro poste.
I Supertramp sono ricordati essenzialmente per due albums, “Crime of the century”, a detta di molti la loro vetta artistica mai più raggiunta, e “Breakfast in America”, il loro successo commerciale più imponente. Tra questi due albums trovarono spazio altrettanti capolavori, uno di questi è “Crisis?What Crisis?”. In questo disco la vena ispirativa del duo Hodgson/Davies è su livelli altissimi, infatti il disco contiene molte delle più belle canzoni mai scritte dai due, da “Sister Moonshine” a “Lady”, da “Ain’t Nobody But Me” a “A soapbox Opera”. Quello che affascina è il sound, qualcosa di veramente unico, fresco e al contempo ancorato al tempo in cui ha avuto vita, vibrante e gentile al tempo stesso, essenziale e minimale in certi momenti, pomposo e barocco in altri, tanto da far sembrare i break di “Ain’t nobody but me”, più che ritagli di una song di un gruppo rock, uno squarcio rubato ad un musical di Broadway. La disinvoltura con cui i Supertramp cambiano registro stilistico è un qualcosa di unico, un esempio si ha nel romanticismo di canzoni eccezionali come “A soapbox opera” e soprattutto nella delicatezza della meno nota – ma non meno emozionante – “Just a normal day”, drammatica nell’incedere del pianoforte e leggiadra nei ricami degli archi, in cui in certi momenti sembra di vivere in una di quelle colonne sonore di certi film degli anni 50, in altri giunge il ricordo degli anni 60 ed infine la consapevolezza che è tutto frutto di una band dei seventies con una straordinaria capacità di citazione. Altro picco in “Another’s man’s woman” canzone eclettica in cui confluiscono come al solito svariati stili, e in cui trova spazio l’efficacissima chitarra di Hodgson. In “Lady” si fa largo una delle caratteristiche principali dei Supertramp, ovvero quella di far passare come spensierata una canzone che in realtà non lo è, leggera – ma agra – nelle parole, più fine e ricercata nella costruzione armonica, “Lady” mette in luce un’ attitudine propria di certi artisti del nostro tempo, che amano confondere il pubblico con la storia che non bisogna mai prendersi troppo sul serio, lasciando aperti molti interrogativi circa certi significati di alcune interpretazioni e di certe scelte artistiche. Il fascino di un gruppo come i Supertramp sta anche qui, vale a dire nel non aver mai fatto capire se si fosse trattato di un gruppo di romantici, di individui schivi, di furbi monelli, o un po’ di tutte queste cose insieme, dilemma con cui hanno giocato per tutta la loro carriera. A me piace pensare che l’animo dei Supertramp fosse più vicino a quello di un clown triste, impegnato a far divertire il pubblico pagante che presto avrà fame di manifesti di (apparente) superficialità da loro stessi prodotta come in “Logical Song”, ma che nasconde un animo sensibilissimo ben espresso nelle canzoni meno sensazionali; fino ad arrivare all’inquietante canto del cigno, palesato nella copertina di “Famous Last words”, ultimo disco dei veri Supertramp, dove un acrobata sorprende alle sue spalle una mano intenta a tagliare la corda sulla quale si sta esibendo: la fine di tutto, i tempi sono cambiati.
Si potrebbe disquisire per ore sui messaggi che un gruppo come i Supertramp ha voluto lanciare. Sia nelle musiche che nelle parole, non troveremo mai le giuste direzioni, forse è stato il volere stesso di Davies ed Hodgson, depistarci ad ogni uscita, ma alla fine ci troviamo con una manciata di dischi dal reale valore artistico, e sebbene non suonino più attuali, sebbene nascondino un gusto nettamente retrò, sono il vero punto fermo di questo grande gruppo, uno tra i più insoliti degli anni 70. “Crisis?What Crisis?” è solo un tassello di questo piccolo mosaico, un piccolo – ma straordinario – quadro di una collezione neanche tanto vasta, di cui vi invito caldamente a prendere visione. O meglio, a prendere ascolto.