Beck – Guero

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Mi piace un sacco questo “Best of” di Beck! Come non è un “best of”? A parte gli scherzi si può realmente pensare questo ascoltando l’ultimo lavoro di Beck, infatti inserendolo nello stereo e premendo play si effettua un viaggio in tutte le caratteristiche che hanno reso unici tutti i dischi di questo fantastico artista. Mi soffermo sul termine viaggio, questo perché ascoltare Beck è realmente un’esplorazione musicale, la sua musica s’è mossa veramente in tanti di quei campi da essere totalmente inqualificabile, e così in questo nuovo “Guero”, quasi una summa di tutti i territori che ha visitato in questi 11 anni passati dal fulminante esordio, ci si scontra col funky, si viene colpiti dal country, si balla con l’hip-hop più raffinato che si possa trovare in commercio e ci si trova a ascoltare estasiati le melodie delle ballate cervellotiche; la voce di Beck passa con una velocità disarmante dall’allegro al malinconico, costruendo così un album che non può stancare l’ascoltatore attento. L’attacco del disco è fulminante, dopo il malinconico e bellissimo “sea change” beck abbandona la malinconia delle ballate per chitarra e voce e torna a suonare musica aggressiva e coinvolgente, l’iniziale “E-pro” è immediata nell’attacco distorto di chitarra con lo spontaneo suono proprio del “lo-fi” e continua in una cavalcata elettrica molto ritmata e veramente notevole. Ascoltando tutto il disco non si può parlare di brani migliori e peggiori, semplicemente perché sono tutti unici e meravigliosi, sia come composizione che come facilità d’ascolto. Infatti Beck riesce a essere un gran musicista proprio per questa sua grande capacità comunicativa, riuscendo nell’arduo intento di obbligare l’ascoltatore a entrare subito in contatto col suo spirito e la sua arte. Il secondo brano è un manifesto di quest’opera, la quasi title track “Que onda guero” infatti è uno scanzonato rap tra l’inglese e lo spagnolo dove l’artista esprime il suo desiderio di fare da antenna verso il mondo per trasmettere tutto quello che vede e sente, nel brano parla di un quartiere sudamericano, ma questo concetto è estendibile a tutta la musica di Beck. L’album continua tra il sornione, il malinconico e la sperimentazione. Da questo punto di vista è notevole l’aiuto alla produzione dato dai veterani Dust Brothers, capaci di trovare sempre i suoni adatti a ogni canzone. E così ci si trova a vagare tra malinconiche delizie dal retrogusto sudamericano come la bellissima “missing” dove beck ci ricorda che comunque non è tutto rose e fiori, perché anche quando si hanno più certezze qualcosa che manca lo si trova sempre. Appunto i brani malinconici non mancano, ma sono conditi di quei suoni e quelle qualità che rendono questo album qualcosa di veramente unico e favoloso, e così un brano lento come “broken drums” riesce ad avere un fascino irresistibile nel suo essere trascinante e ovattato. Per analizzare tutti brani di questo disco servirebbe molto di più di una recensione, anzi sarei tentato di cancellare quanto ho scritto finora, infatti questo disco è talmente comunicativo da non aver assolutamente bisogno di qualcuno che lo elogia, che ne parla o che ne scrive delle righe sopra, per capire cosa si sta ascoltando basta premere “play” e farsi trasportare e cullare dalla musica e dalle parole di Beck. Il finale del disco è poi un qualcosa di unico, la chitarra di “rental car” apre la penultima traccia dando una serie di spunti musicali praticamente infinita e arrivando a una capacità compositiva delle linee vocali che non ha nulla da invidiare ai Beach boys, questo per portare fino alla conclusiva “emergency exit”, un’uscita appunto da un laboratorio musicale e artistico come non ce n’è al mondo, trainando verso un futuro che se continuerà su queste righe sarò sicuramente roseo per l’opera del menestrello elettronico americano. In conclusione un album davvero favoloso, mai noioso, mai banale, un disco che in tutte le sue 13 tracce riesce a rapire l’ascoltatore e a portarlo nella mente di un artista fenomenale, artista che con questo lavoro mette in mostra tutta la mercanzia raccolta in questi 10 anni. Non ho letto ne interviste ne altro su questo disco, ma personalmente lo intendo come un modo di guardarsi indietro recuperando tutte le cose buone che sono state costruite per portarle in un raggiante futuro, e se la mia impressione è corretta non si può che aspettare con ansia un nuovo lavoro di Beck, godendosi questo capolavoro che è “Guero”.