Perturbazione – Canzoni allo specchio

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Il panorama musicale italiano è molto strano, certe volte risulta avvilente, altre invece dimostra di non avere nulla da invidiare a quello di altri paesi. Ascoltando album come questo ultimo lavoro dei Perturbazioni la mia sensazione è la seconda. Il motivo è che questo lavoro prende molte delle cose buone che c’erano nel precedente “In circolo” e le concretizza ancora meglio. La differenza fra i due lavori è lampante, infatti a parte l’unico picco un po’ più allegro di “Se mi scrivi” (dal mio punto di vista il punto più basso dell’album, sembra un brano di pop pre-adolescenziale) in questo nuovo “Canzoni allo specchio” non si trova traccia di quella vena ironica e spesso divertente che si ascoltava in “In circolo” in brani come “Il senso della vite”. Perciò che album è questo? Si tratta di un piacevole disco di pop raffinatissimo che viaggia tra la dolcezza e la malinconia. Per quanto riguarda le sonorità si sentono le numerosi collaborazioni alla produzione artistica: la classe nell’arrangiamento di Paolo Benvegnù, le comparsate di Jukka dei Giardini di mirò e dei Baustelle. Questo porta il disco a un livello ancora più alto di sensibilità artistico-musicale molto pregevole. Dal punto di vista delle canzoni questo disco parla principalmente di amore e affetti, senza canzoni che spiccano, arrivando perciò a un lavoro compatto sia per quanto riguarda i testi che epr quanto riguarda la musica. I brani che fanno di questo disco un bel disco sono quelli che mostrano meglio le caratteristiche fondamentali del lavoro. L’iniziale “dieci anni dopo” è densa di malinconia per le occasioni perse, adagiata su un tappeto musicale fine e elegante è perfetta per aprire il disco. La considerazioni sull’uomo di “animalia” dimostrano una grande capacità nello scrivere brani originali e personalissimi nella produzione. Si passa in tutto il disco in ottimi momenti poetici come “Quattro gocce di blu”, la notturna canzone sull’abbandono “A luce spenta”, l’orecchiabile singolo “Chiedo alla polvere” fino al finale un po’ banale ma musicalmente ben costruito di “Il materiale e l’immaginario”. Notevole e, per quanto mi riguarda, apice dell’album “Seconda persona”. Apice perché è il brano che meglio rappresenta lo stile dei Perturbazione. Testo dolce e orecchiabile, raffinatissima con quel innesto perfetto di fiati nel ritornello, dimostra la capacità di costruire un brano pop senza renderlo banale o ripetitivo. Questo album però può far diventare la sua forza un difetto. Mi spiego: Costruire un album così tutto sullo stesso schema musicale può farlo diventare alla lunga noioso, non che lo sia o che mi annoi, sia ben chiaro, ma credo che parecchi ascoltatori possano dopo ben poco stufarsi di questo indirizzo musicale e dei testi mielosi. Francamente al loro posto avrei inserito qualche intermezzo in più un minimo più attivo (per fare un esempio basta ascoltare “fiat lux” nel disco precedente). I Perturbazione dimostrano di essere un gruppo molto valido e dalle capacità notevoli, particolarmente in fase di arrangiamento e di composizione dei testi, ma con questo disco dimostrano anche di non essere ancora ne maturi ne perfetti, infatti confezionano un disco molto piacevole da ascoltare, ben costruito e rappresentativo del loro modo di fare musica, ma non hanno ancora quella spinta in più per farsi adorare dal pubblico. Forse Benvegnù doveva spiegargli che in ogni disco simile serve una “Suggestionabili” che rimane in testa, serve un brano che faccia breccia nella mente dell’ascoltatore casuale e che si insinui con forza nella memoria ed è proprio questo che manca a questo album per essere la conferma di un talento. Speriamo nel futuro, e se i perturbazione continueranno su questa linea ci sarà da aspettarsi grandi cose da loro.