Penso che neanche lo stesso Morgan avrebbe mai creduto di poter riempire così tanto il Circolo degli Artisti. In una delle sue ultime date prima dell’uscita del nuovo lavoro il pubblico di Roma premia un tour che nell’arco di un anno e mezzo si è saputo evolvere, rinnovare e trasformare, e dopo la data ad Enzimi di un paio di mesi fa torna nella capitale con una veste ancora nuova. In un palco elegante e confortevole come il salotto di un’abitazione e casalingo ed intimo come arredato da Moltheni qualche mese fa trova posto la band così composta: Morgan, piano a corda sulla destra e Rodhes sulla sinistra, Megahertz in tipico Kraftwerkiano periodo Man Machine, a cui sono affidati oltre i suoni e i synth anche i campionamenti di batteria da una roland 909 (batteria che fa di lui un Kraftwerkiano Man Drum Machine) ed infine, sulla parte sinistra del palco, un divano di pelle molto Brand New su cui trovano posto il chitarrista (con una Gibson in stile blues dalla cassa profonda) e un bassista che interverrà quando lo stesso strumento non sarà nelle mani di Morgan o di Mega.
Si parte con 2 ore di ritardo sul programma, 2 ore che pesano anche troppo sul pubblico, pigiato, pressato, nervoso e impaziente, che si sente quasi sbeffeggiato quando Morgan sale sul palco quasi ignorando i ripetuti precedenti richiami, e iniziando con uno strumentale per piano che lascia tutti un po’ interdetti… Nessuno sa bene cosa aspettarsi ed è difficile riuscire a intuire che tipo di serata sarà, e ancor di più che tipo di scaletta verrà proposta… c’è chi si aspetta qualche pezzo nuovo dei Bluvertigo, chi qualche pezzo nuovo dello stesso Morgan e chi, mosso dall’imprevedibilità della serata stessa, è venuto per curiosità ed interesse.
Richieste e aspettative a parte ogni spettatore è rimasto pienamente soddisfatto da un concerto che sa essere al tempo stesso giocoso come un party, eccitante come uno show e classico come un vecchio vinile anni 60. Morgan si trova a suo agio con tutto, ma non riesce a trattenere compiaciuti sorrisi di autoapprovazione quando si trova a destreggiarsi tra l’amato piano e i tasti del Rhodes con cui si accompagna dandogli le partiture e i giri del basso. Una trovata tanto semplice quanto geniale, il caldo timbro del Rhodes è infatti perfetto per un accompagnamento docile e poco invasivo, che aiuta la melodia e senza pesare sulla canzone.
Impossibile non spendere poi due parole per Mega che, dopo aver dato prova di essere un bassista non da poco, riffeggiando sulla lunga tastiera di un fender jazz, si dimostra motore ritmico della band, campionando snare, tom e clap hands dalla sua Roland che danno slanci dance ai pezzi, senza far rimpiangere assolutamente il batterista. Il risultato è lo stesso che ci si aspetterebbe da un gruppo anni 80 che rivede i classici italiani anni 60, un po’ come se gli Zoot Woman si destreggiassero con F.Hardy.
Dopo l’intro in solitario al piano e una romantica versione di Aria prende posto sul palco il resto del gruppo, Morgan accoglie i sui musicisti come si fa con degli amici a casa, prende loro le giacche e offre del vino posto su un palchetto accanto al divano. Il bassista si accomoda su un bracciolo il chitarrista approfitta della comodità del divano stravaccandosi bellamente e dopo che tutti sono pronti col proprio strumento in mano non si aspetta solo che il 4, dato dalla drum machine.
E’ l’inizio di un concertone. Uno di quelli che conquistano senza possibilità di fuga. La sicurezza spavalda e la complicità che c’è sul palco è tale da darsi all’improvvisazione senza neanche guardarsi, alle volte basta un cenno, una riff che parte o una discesa sul piano ed ecco che ci si trova nel bel mezzo di una Bowiana Changes, che spoglia della sua dolcezza viene rivista con voce grintosa e ruvida. In pieno concetto con il titolo della canzone stessa, preciserebbe Morgan.
Si alternano i pezzi dell’Appartamento, con grande successo per The baby, qualche perla dei Bluvertigo – l’ormai classica Sovrappensiero, un pezzo che non finisce mai di affascinare e sembra aver il magico dono di suonare bene con ogni tipo di arrangiamento, omaggi ai classici che già il pubblico conosce com If, in cui Mega torna a giocare col suo synth e Non arrossire, e altri che sembrano dettati dal momento, spezzando ogni tanto con una cover. La prima parte del concerto si conclude con un breve quiz “a premi senza premi” tra Morgan ed il pubblico che un po’ per curiosità, un po’ per divertimento e un po’ per testare la nostra preparazione musicale ci interroga su dei giri di basso. E mentre il pubblico scherzava (“la indovino con una!”) la band ha accennato Rio dei Duran Duran, Money dei Pink floyd, Another one bites the dust dei Queen.
Pochi attimi di pausa e si riparte con un bis lunghissimo, così vario e intenso da essere più appassionante del concerto stesso. Così come si è iniziato così si ricomincia: due pezzi per piano (Complicità e Cieli neri) in cui Morgan da il meglio di sé e poi la band torna sullo stage per regalare vere e proprie perle: una “psichedelica” l’Ottico di De Andrè, un pezzo non molto conosciuto ma con una struttura e soprattutto un arrangiamento dato dai 4 che ha colpito per i cambi di tono e tempo, Altrove, dilatata dai synth e impreziosita dal vocoder di Megahertz, oscillante tra lunghe code finali che si risolvono invece in improvvise reprise, e una lunghissima versione di Sunday Morning che, visto che il concerto si è concluso all’una e un quarto di domenica mattina, ci stava tutta. Unico piccolo neo la cover di Gino Paoli, con la drum machine eccede in campionamenti che non sanno dare la giusta spinta punk che si vuole nel pezzo.
Il concerto si conclude con un arrivederci dello stesso Morgan: Maggio è vicino e l’album è pronto per uscire, e Morgan sembra essere uno di quelli che soffrono parecchio la lontananza dal palco!
Grazie per le immagini a BluvertigoWebWorld