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Pupillo del grande Lou Reed, Antony arriva a “I am a bird now”, suo secondo album, attraverso una proposta davvero unica nel suo genere: un rock noir, drammatico, toccante che non necessita di descrizioni tecniche, poiché l’arte di Antony and the Johnsons vira verso lidi emotivi che esulano da meriti e precisazioni di altra natura, proponendo una voce, quella di Antony, che non tollera mezze misure: o la si ama o la si odia. Particolarissima sia nel peculiare timbro che nel suo mero utilizzo all’interno delle composizioni, essa fatica a brillare immediatamente a causa di alcuni enfatici vibrato tutt’altro che consueti e di una matrice stilistica che pesca a piene mani da certe tradizioni soul. Troppo facile pensare ad Otis Redding, per il quale tra l’altro Antony nutre stima e venrazione, nella voce di Antony si nasconde una sofferenza che ha dell’impareggiabile e se saprete farvi conquistare dalla delicatezza amara, dal dolore che trafigge ogni suo momento, sarà opera davvero dura abbandonare l’ascolto di questo disco. Già l’inizio di “Hope there’s someone” è di per sé un mezzo classico senza tempo, con una melodia sublime su di uno straziante e malinconico pianoforte che assapora la straordinaria interpretazione vocale che, credetemi, ha già del leggendario. Sulle stesse coordinate stilistiche ed emotive si colloca “Man is the baby”, stupendamente toccante nei dialoghi piano/violino che si aggiungono alla solita magnifica, drammatica performance vocale di Antony, davvero da lacrime i suoi “Forgive me, set my spirit free”. Folta la schiera dei musicisti e ospiti che hanno collaborato alla realizzazione di questo album, ma nonostante la straordinaria presenza di alcuni artisti di grande richiamo – tra gli altri citiamo Lou Reed su “Fistfull of Love”, Boy George, col quale Antony condivide senz’altro un look che ha, a dir poco, del particolare, su “You are my sister”, Devendra Banhart su “Spiralling” e Rufus Wainwright su “What can I do” – l’attenzione è continuamente rapita dalla grande ed unica carica evocativa che Antony riesce a regalarci ogni qual volta si mette davanti al microfono. A grande sorpresa l’unico che riesce a reggere il confronto è Boy George, il cui duetto con Antony su “You are my sister” costituisce uno dei tanti momenti da ricordare di questo “I am a bird now”. Gli altri ospiti, in tutta franchezza, scompaiono letteralmente di fronte alla straordinaria classe ed eleganza di Antony, che chiude questo bellissimo album andando ancora una volta su livelli d’eccellenza con “Bird Guhl”, una composizione a dir poco commovente.
E’ sicuramente troppo presto per tirare le somme di questo 2005, ma senz’altro siamo di fronte ad uno dei dischi che ricorderemo non solo quando ci divertiremo a stilare classifiche e resoconti, ma anche negli anni a venire, poiché “I am a bird now” è un disco straordinario di un artista ineguagliabile, con una voce unica ed inimitabile che, oltre a tutto quello che si può dire sulle emozioni che la sua musica riesce a donare, ha dato finalmente dimostrazione che è ancora possibile oggi pubblicare opere che con tutta probabilità saranno, se non dei classici, quantomeno dischi culto. Grazie Antony.