Guccini, Francesco: Canzoni e Libertà

Il 31 maggio 2005 a Bergamo si è ufficialmente chiusa la grande manifestazione commemorativa «Siamo tutti partigiani 2005, a 60 anni dalla Liberazione», un’eccellente iniziativa in memoria dei protagonisti della lotta antifascista organizzata dalla Cgil provinciale col supporto del Comune.
Per concludere in grande stile questo riuscito evento (per chi volesse saperne di più, consigliamo di dare un’occhiata al seguente URL: CGIL BG), gli organizzatori hanno invitato il grande Francesco Guccini per un’intensa esibizione nel suggestivo Lazzaretto di Bergamo, e in effetti chi meglio del grande cantautore modenese avrebbe potuto chiudere una rassegna del genere? Come molti ben sapranno, Guccini è sempre stato uno degli autori più impegnati nell’ambito della canzone italiana, capace di scrivere pezzi di rara intensità ed attualità nel corso dei suoi oltre trent’anni sulle scene, nonché di avere instaurato uno splendido rapporto col proprio pubblico allora come oggi: ciò che mi ha maggiormente colpito nel grande parco del Lazzaretto è stata proprio l’eterogeneità del pubblico, con fan di maggiore età a stretto contatto con altri più giovani e ancora giovanissimi, uno splendido esempio di come la musica che abbia davvero qualcosa da dire non abbia età e sia sempre attuale. A riprova di questo, i vecchi classici del nostro convivono splendidamente coi pezzi tratti dall’ultimo capolavoro del maestro, “Ritratti” del 2004.
Dopo un breve discorso di ringraziamento e introduzione del presidente della CGIL, ecco che, alle 21:15 circa, Francesco fa il suo puntualissimo ingresso con la sua collaudata band: a fargli da supporto sono Ellade Bandini (batteria), Antonio Marangolo (percussioni e sax), il maestro Vince Tempera (pianoforte), Pierluigi Lingotti (basso), Roberto Manuzzi (sax, fisarmonica, tastiere) e non ultimo l’ottimo chitarrista argentino Juan Carlos “Flaco” Biondini, uno dei più importanti collaboratori degli ultimi album del nostro cantautore.
Francesco sembra proprio in ottima forma e al suo già ingresso inizia uno dei suoi classici discorsi al pubblico, occupandosi di un po’ tutte le vicende più attuali, dal governo alla guerra in Iraq, passando per la situazione post referendum in Francia alla sinistra italiana: Guccini del resto è fatto così, sincero e senza peli sulla lingua nei confronti di nessuno, sempre pronto ad usare la sua simpatica, pungente ironia e ad affermare le proprie idee. Una schiettezza e una spontaneità che suscitano l’immediato entusiasmo del pubblico, che manifesta il suo entusiasmo appena il nostro attacca con il suo primo pezzo, il classico “Lunga e diritta correva la strada”. Non c’è che dire, anche per chi come me è al suo primo concerto di Guccini è chiaro che il cantautore è in splendida forma e che la sua band è pronta ad assecondarlo in tutto e per tutto.
Il pubblico, rigorosamente seduto, è a dir poco entusiasta – soprattutto quello in prima fila a destra del palco, dove si trovava chi vi scrive – e già inizia con le richieste di classici, per quietarsi subito appena Francesco torna a parlare di attualità e ad introdurre i propri pezzi. Segue quindi la splendida interpretazione di “Una canzone”, pezzo che è qualcosa di più di una semplice canzone come dice il titolo, è una splendida riflessione su cosa sia una canzone Francesco, il suo manifesto artistico e umano. Il clima è già caldo ed ecco che ci vengono proposte due storie a modo loro parallele, due intense, entusiasmanti ballate dedicate ad una coppia di leggendari viaggiatori, due archetipi dell’uomo di mare: “Odysseus” e “Cristoforo Colombo”, sempre tratte dallo splendido “Ritratti”, due splendide storie di libertà, di voglia di varcare i confini nonostante le asperità del mare, anzi, della vita.
A questo punto Francesco inizia a parlarci un po’ delle canzoni d’amore made in Italy, e dopo aver abbozzato un’applaudita interpretazione di “Il cielo in una stanza” di Gino Paoli attacca con la sua dolcissima “Farewell”, da “Parnassius Guccinii” del 1994. Lo show procede fra canzoni (“Scirocco” e “La ziatta”, traduzione in dialetto modenese di un pezzo catalano, non molto appezzata dal pubblico ad onor del vero), qualche sano bicchierino di nettare degli dei – dicesi lambrusco – per rinfrescare la gola al nostro eroe prima dei soliti discorsi col pubblico, finché all’attacco di “Vite” fa il suo ingresso sul palco Ahmed, un giovane somalo: qualche attimo di preoccupazione fra le forze dell’ordine lì presenti, ma il giovane voleva solo stringere la mano a Guccini, una bella dimostrazione spontanea di quanto il messaggio del nostro sia apprezzato e condiviso davvero da tutti.
Insomma, il concerto è ormai entrato nel suo apice emotivo, col pubblico sempre più entusiasta e Francesco che lo omaggia intonando il ritornello di una canzone tradizionale (“Oh mia bella Valcamonica”) scusandosi per l’accento non propriamente bergamasco. Le cose tornano subito a farsi serie non appena la band attacca con “Certo non sai”, una dolcissima canzone d’amore sempre tratta da “Ritratti”, ennesima riprova di quanto Guccini sia in grado ancor oggi di colpirci direttamente al cuore. Segue una travolgente interpretazione di “Shomer mi – ma llailah” che infiamma letteralmente i tanti presenti, e ancora altri vecchi, sempre emozionanti classici: “Il vecchio e il bambino”, “Cyrano” e, in perfetto tema con la manifestazione, la commovente “Auschwitz”, che con le sue potenti parole riesce a ricondurre a un rispettoso silenzio anche i fan più entusiasti.
Una menzione particolare la meritano anche “Canzone per il Che”, intensa traduzione di una poesia di Vazquez Montalban ma soprattutto meraviglioso inno alla libertà, e poi ancora “Piazza Alimonda”, la canzone composta in memoria di Carlo Giuliani e dei fatti di Genova nel luglio 2001, che si conclude con una meritata standing ovation.
Il concerto purtroppo volge ormai al termine e lo stesso Guccini sembra rammaricarsene… ecco allora che il nostro ci invita tutti ad alzarci in piedi e a farci sotto al palco per la sarabanda finale: purtroppo accontentare le infinite richieste di vecchie canzoni è impossibile, ma due classici come “Dio è morto” e “La locomotiva” possono solo scatenare l’euforia generale dei presenti, con alcuni che si lanciano in una danza sfrenata, altri quasi in un pogo, mentre partiva anche qualche sano gavettone a base di acqua e vino, la qualità del quale avrebbe sicuramente suscitato le proteste del Guccio. Ma in fin dei conti va bene così, ai concerti ci si diverte anche con questo e il pubblico di quella sera era davvero un gran bel pubblico: appassionato, coinvolto, anch’esso protagonista col suo entusiasmo e il percettibile calore umano.
Ed ecco che, dopo le ultime note, il nostro artista se ne esce osannato da tutti, in tempo per evitarsi un acquazzone epocale che pochi minuti dopo avrebbe colpito Bergamo. Lo spettacolo è finito.
A questo punto, non resta che fare i complimenti vanno sicuramente alla CGIL e allo staff organizzatore, capaci di organizzare tutto alla perfezione, concludendo la manifestazione nel migliore dei modi possibile, a dispetto di alcuni mormorii suscitati dal prezzo del biglietto: 25€ non è sicuramente un prezzo popolare, però dobbiamo renderci un po’ tutti conto che organizzare eventi del genere purtroppo costa, per attrezzature, personale necessario e qualità dei musicisti in questione, e mi riferisco sia a Guccini che alla sua band di supporto… insomma, quella sera al Lazzaretto c’era il meglio del meglio, e fermo restando che non voglio imporre il mio punto di vista a nessuno, tutto questo è servito a dar vita a un concerto esemplare, emozionante come pochi.
A questo punto altro non mi resta se non ringraziare il “Guccio”: è stato davvero un piacere assistere per la prima volta ad un suo concerto, apprezzare le sue canzoni e la sua simpatia, e soprattutto constatare come ancora oggi vi sia qualcuno capace di comunicare qualcosa, di trasmettere davvero degli ideali al proprio fedele e affezionato pubblico.
Grazie Francesco!