Operation Ivy – Energy

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Cos’è che lega i Buzzococks e i Clash con i Rancid? Tim Armostrong, ovvio. Ma c’è un periodo, che intercorre tra i primi anni ottanta e l’inizio dei novanta, cui bisogna tributare il merito di aver dato alla luce l’anello di congiunzione musicale, oltre che nominale, dei gruppi sopraccitati: stiamo parlando degli Operation Ivy. E’ La fine degli anni ottanta, dove hardcore, punk, rockabilly e ska s’incontrano nelle strade americane ma con la testa rivolta verso l’Inghilterra: il connubio che si crea è stravolgente, e di una freschezza mai vista. Già, perché, in fondo, la musica di Energy, il loro primo e unico full lenght se togliamo il mini Hectic, fu un esempio di catalizzatore di tutte le influenze punk (e con questo termine non intendiamo solamente un tipo di musica, ma un’attitudine generale che rivestiva l’intero periodo preso in esame) del tempo: dalla partenza hardcore di Knowledge o Jaded, al jazz sporco di Bad Town, dallo ska clashiano di Sound System a quello puro di Freeze Up o Room Without A Window, all’inno rockabilly/punk di The Crowd, fu generato un disco che in un modo o nell’altro pareva accontentare sia gli orfani del periodo “do it yourself” e del “no future”, che quelli nascenti che dal punk (purtroppo) avrebbero chiesto “qualcosa di più”. Ma negli Operation Ivy non sembrava esserci traccia preponderante di quell’attitudine pop che caratterizzerà l’intero movimento negli anni novanta e che esploderà grazie a gruppi come Green Day, Mad Caddies ed emuli vari: una musica di strada che aveva in sé il germe, ma che lo riusciva a sotterrare parecchi metri sottoterra, regalando all’udito solamente un forte odore d’asfalto. Chitarre sferraglianti cui il basso di Matt Freeman (poi, insieme a Tim Armstrong, nei Rancid) regalava pattern impressionanti: il carattere distintivo degli Operation Ivy sarà il notevole apporto strumentistico a canzoni che dalla loro avevano la chiara attitudine street e hardcore. Praticamente un bellissimo disco di onesto e creativo punk.. proprio per questo, imprescindibile per ogni punk con una discografia che si rispetti (della serie i dischi che ascoltate oggi non spuntano dal nulla).