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Theatricantor, “cantori del teatro”. Un nome altisonante e allo stesso tempo profondamente legato alla ricca tradizione culturale italiana, nella quale musica e teatro sono spesso e volentieri andate a braccetto. E puramente italiana è la musica che ci propone questo trio, formato da Salvo Guglielmino – voce, pianoforte e anima del progetto –, Tony Granata e Maurizio Burzillà, senza per questo rinunciare a suoni dal respiro più internazionale, di matrice jazz e swing ma non per questo meno latini. Voce, piano, violino e fisarmonica accompagnati da una valida sessione ritmica composta anche da membri degli… Sugarfree, i quali, a dispetto di ciò che si può pensare sulla loro proposta musicale, mostrano di essere dei ragazzi dotati di talento. Le radici del progetto di Guglielmino affondano nella più raffinata musica leggera d’autore italiana: i principali riferimenti citati sono gli Avion Travel, ma nelle canzoni di Theatricantor ho avuto modo di rintracciare influenze di Paolo Conte, Sergio Cammariere e anche alcune raffinatezze del Lucio Dalla dei tempi che furono, quest’ultimo soprattutto in “Quando un amore può fare male”, il brano adottato come single dalle radio nazionali. “Vorrei insegnarti amore” è un titolo impegnativo e che può suscitare qualche dubbio, credo di non essere il solo ad aver pensato «ma non si tratterà della solita canzone d’amore banalotta all’italiana?», ma questo dubbio è già stato spazzato via al primo ascolto. Salvo, Tony e Maurizio sono davvero un grandissimo trio che dialoga con invidiabile affiatamento, riuscendo a regalarci interpretazioni appassionate e profondamente personali. La jazzata “Qualcosa di noi”, l’atmosfera da nouvelle vague di “La nostra vita insieme”, l’ironia de “L’alibi più abile” e l’ottima “Come un angelo” con il suo mood à la Paolo Conte sono brani che rivelano tutte le grandi doti cantautorali di Theatricantor, segnalandoceli come una realtà da seguire in un panorama sì desolante, ma troppo spesso scartato a-priori dagli ascoltatori più esigenti, che in questo disco troveranno canzoni affatto banali e con una produzione di alto livello. Un difetto? Ammetto di avere un po’ storto il naso ascoltando la conclusiva “M’incanti”, un’interpretazione dalla maniera molto sanremese sia nelle musiche che nei testi, ma questo non compromette certo la godibilità di “Vorrei insegnarti amore”, che pare proprio essere la soluzione ideale per chi cerca della musica d’autore lontana dagli stereotipi e dalle banalità di questi ultimi tempi.