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Il nome di un gruppo e il nome del loro primo effettivo lp a spiegarne il significato. Anima Migrante. Il concetto basilare di questo avanguardista progetto italiano nato nel 91. Qui l’anima è la musica. Una musica che migra partendo da Napoli alla ricerca delle proprie origini, passando dai fumosi club londinesi fino ai mercati magrebini, dalle calde spiagge giamaicane fino a raggiungere “mamma” Africa. Un album composto per cantare, per ballare, per denunciare, per ricordare, per riflettere, saltando opportunamente dalla più tradizionale musica popolare partenopea al dub, dal reggae alla musica etnica e alle sinuose sonorità orientali. In questo viaggio il dialetto napoletano diventa un’esigenza. L’esigenza di esprimere la propria “opinione personale” davanti ad una immaginaria giuria durante lo svolgimento di un altrettanto immaginario processo (‘O Bbuono E ‘O Malamente). L’arringa di Raiz, in questa prima traccia avvocato di se stesso, apparentemente altera e schietta, scuote le nostre coscienze, illustrandoci una realtà amara e crudele, rendendo inefficace ogni parametro di giudizio che ci permetta effettivamente di distinguere un uomo onesto da uno disonesto, “ Ije so’ nato e so’ cresciuto ind’a nu quartiere addò o arruobbi o spacci o te faje na pera, senza ‘na lira annanz’a televisione che te dice nun sì ommo si nun tiene ‘o macchinone….e allora che vulite si vengo a cucaina si voglio magnà pur je sera e matina…Ije so’ cresciuto senza manco n’opportunità chello che faccio ‘o ffaccio sulo pè magnà, ind’ a chistu munno ce sta chi arrobba legalmente e sfrutta tutte juorne a miseria ‘e ll’ata gente e allora pecchè pe’ tutta chesta ggente lloro so’ buone e ije so’ malamente? Pienzece bbuono tienilo a mmente chi è ‘o bbuono e chi ‘o malamente”. L’intento di denuncia si fa sempre più massiccio con lo scorrere delle tracce passando da un ”inno” al Meridione in “Suddd” ad una sarcastica “Fattallà” con chiare mire antirazziali. Voce e testi diventano sempre più efficacemente napoletani e il dub risuona ormai in ogni anfratto di questo capolavoro che niente ha da invidiare ai “padri di Bristol”. C’è anche spazio per cenni storici alle guerre puniche (Figli Di Annibale) con cui Raiz prova convincerci delle nostre effettive discendenze africane. Con “Sanghe E Anema” entra in scena la prima protagonista dell’album. L’anima del mondo. L’anima migrante. Nel suo viaggio fedelmente condotta da un dub abilmente miscelato ad un reggae sempre più svelto e nervoso “Dall’Africa ‘o Mediterraneo st’anema nun se ferma maje”. Arrivati a questo punto dell’ascolto risulta impensabile sperare di trovare delle pecche. Impossibile rimanerne delusi. Un album concepito con il chiaro intento di destabilizzare qualunque tipo di legge musicale, di confondere tutti coloro che ancora oggi rimangono in ginocchio ad osannare il “no made in italy”, di inebetire i dj inglesi tanto da fargli credere che si trattasse di “un gruppo di marocchini che però sono nati in Inghilterra”.