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L’underground psichedelico inglese nasconde perle dal valore davvero inestimabile: mi vengono in mente dischi straordinari come l’esordio dei The End o “Think Pink” di Twink, già recensito su queste pagine. Continuiamo pertanto il nostro archeologico viaggio nei misteriosi sottofondi inglesi, recuperando quello che fu uno degli album più incredibilmente sottovalutati che l’epoca psichedelica ricordi, soprattutto se consideriamo il valore artistico dell’opera, realmente enorme. Sto parlando di “We are everything you see” dei Locomotive, esordio discografico di una band leggendaria capitanata da uno dei personaggi di culto dell’underground inglese, attore principale dell’opera, quel Norman Haines che a più riprese proverà ad emergere (senza grossi risultati) dall’anonimato, qui con i Locomotive, più tardi con la sua Norman Haines Band, autori tra l’altro di quel “Den of Iniquity”, altro capolavoro misconosciuto di cui ci proponiamo di parlare in futuro. I Locomotive percorsero in lungo e in largo l’Inghilterra, arrivando anche ad aprire per i Pink Floyd, suonando dappertutto, sconvolgendo gli ascoltatori con un organo a dir poco fantascientifico, inserito in un sound straordinario per misticismo e spazialità, curato ma al tempo stesso agro e a tratti potente, con interpretazioni vocali ai limiti del teatrale. Una band, i Locomotive, che ha avuto giusto per qualche attimo nelle sue file personaggi importanti come John Bohnam, futuro Zeppelin, e Chris Wood, più tardi nei Traffic, ma che ha commesso un solo errore, più o meno consapevole, sicuramente determinante, ovvero quello di aver sottovalutato l’importanza di cercare un altro contratto discorafico in alternativa al pur prestigioso deal con la Emi, il cui staff dirigenziale proprio nel momento in cui la band consegnò loro il master (1967), era più interessata all’organizzazione della sottoetichetta Harvest piuttosto che alla pubblicazione dell’album dei Locomotive. Un altro contratto con qualsiasi altra etichetta avrebbe significato uscire in tempo per sfruttare la strada aperta dai vari “Sgt Pepper” e “Piper at the gates of dawn”. “We are everything you see” esce dunque in netto ritardo (1970), quasi per obbligo contrattuale e con la band quasi del tutto divisa e quando ormai i germogli psichedelici furono ingoiati e stravolti dalla consolidata scena progressiva, con, dunque, un pubblico interessato ad altre sonorità, più evolute, più complesse, condannando questo splendido lavoro all’invisibilità e all’indifferenza più totale. Rimane il non trascurabile fatto che questo esordio dei Locomotive sia un perfetto capolavoro di musica rock psichedelica, sorretto dal bellissimo singolo “Mr Armageddon” che apre questo viaggio, dopo un breve intro orchestrale, con organo e basso/batteria in evidenza e una voce che si insinua tra le atmosfere dark che questa musica straordinaria sa creare così efficacemente. Notevoli i break in cui Norman riesce a far cantare il suo organo, rendendolo simile a ruggiti di pazzia, fino a che non giunge in tutta la sua maestosità quel bellissimo e leggendario intervento d’orchestra che rende il tutto ancor più particolare. Non è che il primo di una serie di brani che brillano tutti per originalità e spessore artistico. Un esempio si ha dalla successiva “Now is the end – The end is when”, un jazz psichedelico, frastornato dai bizzarri phaser applicati alla batteria compatta di Bob Lamb e arricchito da fiati ed orchestra. Trascinante e fumoso il rock acido di “You must be joking”, si distingue per un ritornello memorabile e da alcuni interventi, al solito di organo e orchestra, a dir poco azzeccati. E cosa dire della pacatezza di un brano come “Rain” in cui Haines ha modo di esporre tutto il suo estetismo tastieristico di stampo quasi pre-progressive, attraverso passaggi gustosi e d’effetto, che ornano a meraviglia. Dunque un’altra opera capolavoro, rimasta nascosta negli anni, ma che mostra ancora oggi tutto il suo valore e il suo fascino. Ci giunge oggi in una bella versione cd rimasterizzata dalla Eclectic Discs, che farà la felicità dei collezionisti che da tempo aspettavano una testimonianza su cd dell’opera. Probabilmente questo disco rappresenta il punto artistico più alto toccato da Norman Haines, uno sfortunato nomade della scena underground inglese, straordinario tastierista, eccellente compositore, non molto abile nel fiutare i tempi e gli affari che gli si presentarono, dal momento che avrà modo anche di rifiutare, di lì a breve, l’ingaggio come tastierista da parte di una sconosciuta, ma alquanto promettente, band di Birmingham, gli Earth di Toni Iommi: i futuri Black Sabbath.