Acquista: | Data di Uscita: | Etichetta: | Sito: | Voto: |
Un salotto appena illuminato, divano e poltrone, uno o due ottimi amici, chiacchiere sul più e sul meno, aspettando l’ora adatta per uscire a divertirsi o semplicemente a passare qualche ora. Questo per me è uno dei modi migliori per iniziare una serata. Se a questo si accompagna anche un bel disco come sottofondo è ancora meglio. Questo è per me il quadro migliore dove disegnare le note dell’album omonimo del duo islandese Slowblow. Conosciuti ai più per la colonna sonora del film “Noi albinoi” possono essere inquadrati in quella corrente di musica islandese che tanto fa parlare ultimamente che comprende gruppi come Sigur ros e Mum. Gli Slowblow hanno però un approccio particolare alla loro musica elettronica a cui uniscono vari generi tra cui elementi classici (come gli splendidi archi della strumentale “Second hand smoke”, uno dei brani migliori del disco) o jazz (come nella bellissima prima traccia “Very slow bossanova”). È facile venire cullati da questo disco dalle atmosfere perfette e rarefatte, spesso dolci come in “I know you can smile”, brano che ospita la vocina inconfondibile dei Mum (molto presente nell’album come ospite), o dal passo cadenzato e lento della successiva “Within tolerance”. Abbiamo anche brani più movimentati come la stramba “Happiness in your face”, o quell’accenno di vitalità di “Dark Horse”. Un album splendido, gelido nel suo minimalismo ma veramente godibile in ogni suo frangente, capace di accompagnare senza assalire l’ascoltatore, perfetto appunto per il clima di intimità che sa creare, come un camino davanti al quale sedersi per raccontarsi scaldati dal fuoco, ed è quasi un fastidio doversi alzare a pigiare di nuovo il tasto play quando la nenia di “phantom of my organ” chiude il disco.