Baustelle: La Malavita Romana

Finalmente i Baustelle giungono con il loro tour a Roma, e in una fredda e piovosa giornata di fine Novembre un concerto come questo è proprio quello che ci vuole. Mi stupisce sin da subito l’affluenza di persone, già poche settimane fa c’è stato il pienone con i Marta Sui Tubi, ora la cosa si ripete… vuoi vedere che finalmente la gente sta dando il giusto peso all’indie italiano? Il Circolo degli artisti si riempie lentamente, mentre, da sotto il palco, riesco a intuire che non ci sarà spazio per un gruppo spalla. Non vedo altri amplificatori se non il Princeton e il Vox (e che Vox!) della band, e i 2 synth di Rachele sono già ben piazzati sul palco, un accanto alla batteria, l’altro orgoglioso in prima fila. E proprio quando stavamo impazientemente aspettando l’uscita dei 4 (che poi in realtà dal vivo dovevano necessariamente essere almeno in 5, e si sono presentati in 6), Raniero sale sullo stage con la news dell’ultima ora…. Ora, quando un gestore prende posto davanti al microfono, solitamente si teme sempre il peggio… un ritardo mostruoso, dei problemi tecnici irrisolvibili, il solito idiota che ha parcheggiato male causando una coda di macchine che si sta ripercuotendo su tutta la circolazione limitrofa congestionando il sabato sera romano (sì, perché i grandi disastri partono sempre da un piccolo errore…). E invece no, c’è un “amico di passaggio” che chiede di suonare qualche pezzo in acustico… “Perché no” verrebbe da dire, soprattutto se l’”amico” è l’occhialuto Erlend Oye dei Kings of Convenience… Carramba! Magro come al solito e con quei due schermi televisivi che porta come occhiali a fasciargli il viso imbraccia la chitarra ed esegue alcuni pezzi aiutato dal pubblico che, con severissimi “shhhh-shhhh”, riesce a creare la giusta atmosfera per un breve show case acustico. Nessun singolo famoso eseguito, eccezion fatta per Cayman Island, ma una gustosa anticipazione per il futuro. Il pallido Erlend sta collaborando (o, come diciamo, col-lavorando) con un gruppo di Berlino, una nuova band di cui farà parte che dovrebbe uscire nella prima metà dell’anno nuovo e, contento di questa nuova avventura, ci fa ascoltare quello che sarà il futuro singolo. Ora commentare una canzone, .. di un gruppo nuovo –quindi non si ha la minima idea del genere- … per di più in acustico è molto difficile. Posso solo dire che spero fortemente che non sia una band alla Kings of Convenience perché il pezzo ha un forte appeal alla Kent (mi mancano un po’ i Kent ultimamente…), quel’appeal tipico dei pochi (che dico pochi, pochissimi) brani più ritmati alla Maximilian Hecker. Non resta che aspettare ma solitamente Oye è una garanzia affidabile. Salgono quindi sul palco i Baustelle, ed è ovazione. Il concerto è dedicato all’ultimo nato, La Malavita, disco che dal vivo assume toni più ruvidi e, se vogliamo, graffianti (in ottima sintonia con il lavoro quindi!). I brani infatti si spogliano di quell’arrangiamento curato del disco per esplodere in una versione accattivante che fa molta più presa sul pubblico. Si capisce subito che, a differenza di quanto si possa immaginare, le chitarre prendono il sopravvento, e diventano protagoniste, in particolare quella di Claudio Brasini. Claudio ha uno stile di suonare la chitarra che francamente invidio. Si vede che c’è sotto una base tecnica non indifferente, ma non per questo c’è sfoggio di maestria dello strumento, anzi, il più delle volte i riff si giocano tutti su una corda, e solo sentendoli capisci che nonostante siano semplici non si sarebbe potuto trovare di meglio per quel brano. Inoltre c’è quel bel suono caldo e pulsante che può uscire da una signora chitarra vintage (Gibson) e un signor amplificatore vintage (Vox). Il sound è quindi retrò, impreziosito dalla tastierista aggiuntivo che spesso aiutava il ritmo con il tamburello (e il tamburello riempie, sebbene si creda sempre il contrario) e dalla perfetta accoppiata delle voci Francesco+Rachele, una più languida e sensuale dell’altra. La stessa Rachele si rivela essere la “preferita” del pubblico. Forse perché è la più presa dalla musica dall’inizio alla fine, o forse perché Francesco s’è “sciolto” solo nel finale, (o forse perché ha un fascino magnetico). La realtà è che ti emoziona vedere un’artista emozionato dalla sua stessa musica (ed è quello che le succede in Revolver). Scherza con gli sguardi con gli spettatori delle prime file che ricambiano e –all’inizio- la avvisano di alzarsi di volume. Questo perché, in fondo, tutti volevamo ascoltare un gran concerto, e tutti ci siamo impegnati affinché fosse tale, partecipando ai cori di Arriva lo Ye Yè e La guerra è finita (tutta! La gente la sapeva tutta dall’inizio alla fine! E non è il solito effetto MTV di un singolo passato in rotazione giornaliera,è perché quando una canzone ha i numeri giusti ti entra dentro, e questa canzone è nata per fare centro al primo colpo). Francesco stesso si compiace della nostra partecipazione e dopo tanto scherza con noi , incuriosito dalle mille richieste (Gomma, La canzone del riformatorio) e un po’ sorpreso dal fatto che in pochi vogliano Le Vacanze dell’83, eseguita di lì a breve in maniera tanto toccante quanto impeccabile. Poco prima –bisogna necessariamente dirlo- è stata eseguita una versione del Corvo Joe accattivante, spoglia dell’eccessivo accompagnamento del disco questo pezzo vive nella versione live un tono più secco e diretto, senza perdere il suo struggente romanticismo in bianco e nero. La canzone perfetta per un romantico metropolitano in una piovosa nottata come questa. Si giunge infine al termine del concerto…E proprio quando pensi di averli inquadrati, di aver capito come suonano, i Baustelle ti tirano fuori un bis che vale quanto tutti i pezzi suonati sin ora. I 3 brani con cui salutano il pubblico, con la conclusiva Canzone del riformatorio, sono acidi e elettrici, venati di una psichedelica alla Television che prende sempre più il sopravvento in un finale trascinante che oscilla tra la sigla di coda in stile polizziotesco anni ‘70 e la sperimentazione libera. I Baustelle sono presi dai loro stessi strumenti in questa lungo finale mentre le luci attorno si spengono pian piano, lasciando solo i riflettori rossi a illuminarli fino alla fine producendo un fantastico spaccato visivo di rosso/nero (vedere le foto) molto glamour-pulp. Ma mai quanto gli stessi Baustelle.